Sardegna verso il lockdown, tremano i baristi: “Stiamo già affogando tra debiti e mutui”

Le caffetterie rischiano di finire nel “mirino” dello stop di 15 giorni previsto da Solinas. E i titolari dei bar sono già disperati: “Regaliamo le mascherine pur di avere un cliente in più, ma tutti hanno paura e stiamo incassando poco: che Dio ci aiuti”


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Caffè, pizzette, paste e tramezzini non sono ancora venduti ai ritmi della pre-pandemia. Nei bar di Cagliari e provincia, però, gli scontrini stanno pian piano tornando ad aumentare, dopo una primavera in lockdown e una parte dell’estate con la modalità take away tanto “odiata” dagli stessi titolari delle caffetterie. Che, adesso, tremano alla sola idea di una nuova serrata: il presidente della Regione Christian Solinas parla di uno “stop and go”, i commercianti food lo vedono come un secondo lockdown, senza possibilità di appello. Dover tornare ad abbassare le serrande, per tanti, sembra equivalere a una “condanna a morte”. I debiti ci sono ancora, idem le varie rate, più bollette, affitti, e stipendi dei collaboratori. Passare da un incasso di un certo tot a zero, a pochi mesi di distanza dalla “prima chiusura obbligata” rischia di essere un calvario.

Flavio Marcis, 54 anni, dal 1987, gestisce un bar in via Paoli: “Ho paura, lo ammetto. Sarebbe un provvedimento ingiusto, perchè vogliono farci chiudere? Hanno già obbligato i bar che non hanno tavolini a chiudere alle 18. Perchè, dopo quell’ora il virus si prende solo se si rimane in piedi?”, chiede, ironicamente ma non troppo, Marcis. “I clienti sono terrorizzati dal virus e gli incassi sono in calo, lo siamo anche noi perchè, in caso di chiusura, per me sarà un collasso definitivo. Il mio locale è a gestione familiare, siamo io e mio fratello, poi abbiamo due dipendenti. Ho ancora tanti debiti e due mutui importanti. Siamo arrivati a regalare le mascherine a chi vuole prendere un caffè o mangiare una pasta ma non ce l’ha, pur di avere qualche cliente in più. Che Dio ci aiuti”, sospira. Stefano Vargiu, 45 anni, gestisce da dieci un bar con la moglie in via Lamarmora a Quartu Sant’Elena: “Sarà durissima, è già stata dura da marzo in poi. Chi mi paga l’affitto mensile, Solinas? Ho già dovuto rinunciare a cinque sedie, cioè a cinque potenziali clienti”, sbuffa Vargiu. “I clienti hanno paura, non sanno se possono toccare la zuccheriera o se è meglio consumare al banco o seduti, io li aiuto sempre e cerco di comprenderli. Ma chi pensa a noi? Ho spese e bollette come tutti, sono ancora aperto dopo il primo lockdown solo perchè non ho dipendenti. In caso contrario, sarei stato costretto a licenziarli, o avrei già chiuso per sempre”.


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