Gli ospedali sardi stramazzano affossati dalle lunghe liste d’attesa, i pazienti scappano dai medici di famiglia per qualunque consulto. E il sistema, se non è già scoppiato, è prossimo al boom. Nell’Isola gli studi medici sono presi d’assalto, anche negli ultimi giorni, da giovani, famiglie e anziani. I primi accenni di un’influenza che avrà il suo picco ai primi di gennaio, gli strascichi del Coronavirus e qualunque altra patologia, più o meno grave, va a ingolfare le agende degli studi. Che, da Cagliari a Olbia, sono sempre di meno: chi può, infatti, scappa in pensione e non resta un secondo di più a firmare ricette o fare una visita dietro l’altra. Eccolo, un altro fallimento dell’attuale sistema sanitario, con tanti saluti a quelle visite in intramoenia vietate dall’ex assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu, che sinora non hanno snellito una sola lista d’attesa in nessun ospedale sardo. Edoardo De Pau, presidente Snami, medico di famiglia da quasi quattro decenni, lo dice chiaramente: “Abbiamo un carico di lavoro non indifferente, aumentato sia per il numero dei colleghi andati in pensione sia perchè rispondiamo anche alle telefonate e ai messaggi dei pazienti ben oltre le 15 ore settimanali previste dall’accordo collettivo nazionale. Se devi fare 70 ricette al giorno, i tempi non tornano. Ed è colpa delle liste d’attesa lunghe, anche nelle realtà mediche private, che ci portano a dover fare diagnosi o seguire pazienti cronici”.
Va così: il malato di turno prova a contattare questo o quell’ospedale ma le attese sono inumane, o giù di lì. E allora, anche a fine 2022, va a bussare dal suo medico di famiglia. Non c’è un’alternativa: “E tra i colleghi che ancora resistono c’è chi va a prestare servizio in paesi piccoli, con tante spese. Ricordo che il 50% del nostro guadagno mensile se ne va in tasse, dunque basta pensare che quattromila euro diventano anche meno di duemila al mese, alla fine. Gli ospedali devono ridurre le liste d’attesa, i pazienti hanno necessità di diagnosi approfondite e visite specialistiche. Intramoenia a parte, serve un’organizzazione migliore”.










