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È nato in una famiglia di pastori, sin da bambino ha visto centinaia di pecore pascolare nei verdi campi di Sanluri ma oggi, a 50 anni suonati, l’unico “verde” che vede è quello dei suoi conti. Roberto Congia è uno dei tantissimi pastori sardi disperati. Il latte pagato a un euro al litro è un miraggio, “dovrebbe essere a un euro e dieci centesimi più Iva, sennò non si coprono nemmeno i costi di produzione”. E, soprattutto, non c’è guadagno. Padre di due bimbi di cinque anni, moglie casalinga, il suo è l’unico stipendio che (non) entra in casa: “Ho solo debiti, sto mettendo la mia azienda in mano alle banche perchè non riesco a sopperire ai tanti costi”, racconta Congia: “A noi pastori mancano ottanta milioni di euro e nemmeno basterebbero perchè il costo della vita è aumentato, dai mangimi alla corrente elettrica”. Insomma, il discorso sembra fin troppo chiaro: come si possono pagare le bollette se, prima, bisogna barcamenarsi per capire come restituire i soldi ricevuti, ovviamente in prestito, dalle banche?
“Presto non potrò più chiedere soldi, se non riesco a restituirli”. Il nome del 50enne, in altre parole, rischia di finire in quelle “caselle rosse” dei prestiti negati. Cambiare lavoro? Chiederglielo è come se qualcuno gli stesse rivolgendo un insulto: “Mai. Ho cinquant’anni, ho sempre fatto il pastore, sin da ragazzino. Alla mia età non mi posso reinventare”.