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Quartu, stanco dei clienti “priogosi” della domenica: si licenzia per stare col figlio disabile

di Vanessa Usai
8 Maggio 2018
in hinterland

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Quartu, stanco dei clienti “priogosi” della domenica: si licenzia per stare col figlio disabile

di Vanessa Usai

Clienti cafoni, maleducati, “priogosi” (pidocchiosi, ndr), sempre col cellulare in mano “fissi imburchinando sugli espositori e poi vanno a rompere in direzione perché si sono fatti male”. Si sfoga così, in una lettera anonima sulla pagina Facebook Spotted Quartu, il dipendente di un supermercato, che dopo aver lavorato il 1 maggio, e ormai logoro per la maleducazione dei clienti, ma soprattutto stanco di lavorare nei festivi per pochi euro in più in busta paga, decide di licenziarsi.

“Ho lavorato il primo maggio. Ho rimesso a posto due pacchi di zucchero rovesciati, pulito dove hai fatto cadere i carciofini sott’olio, buttato la confezione di fettine di manzo che hai lasciato in mezzo al caffè, rimesso in piedi le riviste che hai consultato e nell’espositore i volantini che hai fatto cadere a terra. Ho fatto molto altro, e sai per cosa? Per pochi euro in più in busta paga”, scrive l’uomo. “Ora, poiché penso che tu sia una bestia incivile, caro cliente, io non voglio lavorare più quando aprono le gabbie. Mi dici che devo ringraziare perché ho un lavoro? No, bello. Sei tu a dover ringraziare me perché sopporto la tua maleducazione. Comunque, visto che dici che lavoreresti per meno, ecco, il mio posto è libero. Vieni a presentare il curriculum, ma non dimenticare di portarti la palla al piede”, prosegue l’anonimo. Che rivela di averne viste troppe in dodici anni, e va sempre peggio: “Tu sei sempre peggio, cafone, maleducato, sempre col cellulare in mano che stai fisso imburchinando sugli espositori, e poi vai a rompere in direzione perché ti sei fatto male, deficiente”, dice del cliente della domenica.

“Ora il mio posto è libero, mi sono licenziato. Io ho scelto di stare con la mia famiglia, con mia moglie e mio figlio disabile”, rivela l’uomo. “Lui ha bisogno di me, non tu cliente che compri un paio di calzini il primo maggio. Per mio figlio non esistono feste, ogni giorno è festa se i suoi occhi incrociano i miei. Hai capito, caro cliente a cui necessitano le mutande da comprare il primo maggio, che la vita è altro”, prosegue il padre disperato. “Forse non avrò abbastanza soldi e sicuramente saremo più poveri – conclude il lavoratore esausto – ma molto più dignitosi di te, sciocco cliente del primo maggio”.

Il post ha raccolto centinaia di like, ma anche molte critiche. “Mi dispiace molto per il tuo bambino, ma ora che gli dai da mangiare? Beato te che puoi permetterti di stare a casa”, scrive Rossella. “L’ignoranza e la maleducazione del cliente non sono inferiori nei giorni feriali, ma credimi che da disoccupato non aiuterai tuo figlio, non potrai mantenerlo solo guardandolo negli occhi e trascorrendo con lui le festività”, risponde Pina. “Se non avessi lavorato, magari saresti andato a mangiare la pizza e allora si sarebbe dovuto licenziare il povero pizzaiolo perché tu hai deciso di andare con la tua famiglia in pizzeria proprio il primo maggio?”, osserva Pina. Ma a quanto pare l’anonimo quartese, dopo dodici anni, dei clienti ‘priogosi’ del primo maggio non ne poteva davvero più.

 

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