Ieri sera, l’ex presidente della Generalitat de Catalunya Carles Puigdemont, esule politico in Belgio dal 2017, è stato arrestato da agenti in borghese della polizia non appena sbarcato all’aeroporto di Alghero da un aereo proveniente da Bruxelles. E’ rimasto in stato di fermo nell’ufficio della polizia dell’aeroporto ora è detenuto nel carcere di Bancali a Sassari .
Su Puigdemont, che nel 2019 è stato eletto europarlamentare – anche se l’Europarlamento ha votato per revocargli l’immunità – pende un mandato di cattura internazionale spiccato dal Tribunale Supremo della Spagna. Nei capi d’accusa sono compresi vari gravi reati legati al fatto che quando guidava il governo catalano promosse e amministrò il referendum per l’autodeterminazione della Catalogna del 1° ottobre 2017.
Puigdemont era giunto ad Alghero con la “ministra degli esteri” di Barcellona Victòria Alsina e la presidente del Parlament, Laura Borràs, in occasione di una conferenza internazionale dell’associazione Adifolk. Domenica prossima Puigdemont avrebbe dovuto partecipare a un convegno a Oristano degli amministratori indipendentisti sardi.
Il leader catalano in esilio è stato arrestato altre volte in tre diversi paesi europei, ma ogni volta i tribunali si sono rifiutati di concedere l’estradizione in Spagna perché le accuse che giungevano da Madrid sono sempre state lette come eccessive e spropositate.
“La Spagna ha appena provocato l’arresto di un eurodeputato da parte di un altro stato membro dell’Unione Europea. Ci è riuscito ingannando il Tribunale della Comunità Europea, poiché avevano detto che questo non sarebbe successo. La detenzione durerà al massimo qualche ora, ma la vergogna della Spagna resterà nella storia” ha affermato l’avvocato di Puigdemont Josep Costa.
“L’arresto di Puigdemont si presenta come un brutto segnale”, denuncia il deputato sardo Pino Cabras (gruppo “L’Alternativa c’è”), “considero gli effetti delle decisioni del Tribunale supremo spagnolo – che ha condannato a vari anni di prigione diversi dirigenti politici indipendentisti catalani – come un passaggio buio e inammissibile della storia dello Stato di diritto.
Il crimine che viene rimproverato a queste personalità politiche è in buona sostanza quello di aver organizzato il referendum per l’autodeterminazione in rappresentanza di milioni di cittadini. Sebbene non si sia negato in sede di giudizio il carattere pacifico e nonviolento delle proteste e delle azioni, sempre scrupolosamente rivendicato dagli imputati, questo non è bastato a mandarli assolti da un’accusa di sedizione che sarebbe avvenuta, secondo l’insensato ragionamento del Tribunale, con forme e mezzi pacifici e democratici.
Il ragionamento va capovolto. La pronuncia democratica di ampi settori del popolo catalano non può costituire in nessun modo un reato, per un ordinamento che sia davvero democratico. Deve semmai rappresentare, anche se non la si dovesse condividere, un punto di appoggio per migliorare le strutture istituzionali e le norme costituzionali dello Stato spagnolo, che fin qui non ha lesinato numerose violazioni di principi fondamentali di diritto processuale penale.
Dobbiamo dare sponda a chi voglia risanare queste ferite nella democrazia di un paese che ha tante relazioni con le nostre città e la nostra cultura”.