Nuraminis, diciassette mesi di attesa e silenzio: l’odissea di una famiglia tra dolore e burocrazia. Morta dopo 3 mesi di malattia, la figlia e il padre combattono contro una pratica sempre “in lavorazione”, quella della pensione indiretta spettante al coniuge. Il racconto di Silvia Porcu: “Da ormai diciassette mesi io e mio padre viviamo una situazione che definire logorante è poco. A luglio 2024 mia madre è venuta a mancare a soli 63 anni, dopo appena tre mesi di malattia. Un dolore immenso, la perdita improvvisa di una moglie e di una mamma, che ha sconvolto per sempre le nostre vite.
Alla sofferenza umana si è però aggiunta, fin da subito, una lunga e incomprensibile odissea burocratica. Considerata la giovane età di mia madre, non ancora in età pensionabile, ci siamo rivolti all’INPS per richiedere la pensione indiretta spettante al coniuge. Supportati da un CAF che ancora oggi ci segue in modo impeccabile e con grande umanità, abbiamo presentato regolare domanda inviata in data 29 luglio 2024.
Da quel momento, il silenzio.
Nonostante numerosi solleciti,inviati il 20/9/24, 6/11/24, 15/04/25 e 03/09/25 la pratica è rimasta per mesi in un limbo inspiegabile la risposta era sempre la stessa “siamo in attesa dell’atto di ricongiunzione”. In data 04/09/25 il patronato invia un sollecito per la definizione della domanda di ricongiunzione, addirittura in un sollecito presentato da mio padre sul sito dell’Inps la risposta che ci è stata data è stata questa: inviate voi un sollecito all’Inps di Roma. Il 18/09/25 quindi a distanza di 14 mesi dalla presentazione della domanda di pensione indiretta l’Inps di Roma invia l’atto di ricongiunzione dove ci veniva richiesto il pagamento di una cifra piuttosto onerosa per la ricongiunzione di alcuni contributi”.
Dopo attente valutazioni, la famiglia ha deciso di rinunciare a tale ricongiunzione. “Pensavamo che questo avrebbe finalmente sbloccato la pratica. Invece no. A oggi, la domanda risulta ancora “in lavorazione”. Il patronato in data 28/10/25 e 15/12/25 ha inviato un altro sollecito e ad oggi noi siamo ancora qua in attesa.
È difficile accettare che, dopo tutto questo tempo, non vi sia ancora una risposta definitiva. È assurdo dover attendere mesi e mesi senza informazioni chiare, senza tempi certi, senza un interlocutore che si assuma la responsabilità di dare spiegazioni.
Il dolore per la perdita di una moglie e di una madre non si supera, ma situazioni come questa lo rendono ancora più pesante. Ogni sollecito inviato, ogni attesa, ogni silenzio aumenta lo stress e la sensazione di essere lasciati soli in una vera e propria giungla burocratica”.
“Non sappiamo più a quale canale rivolgerci. Abbiamo fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità, sempre nel rispetto delle regole. L’unico punto fermo in questa vicenda è stato il nostro patronato, (di San Sperate) che ringraziamo sinceramente per la vicinanza e il supporto costante.
Scriviamo queste righe non per polemica, ma per testimoniare una realtà che troppe famiglie vivono in silenzio, spesso in momenti di estrema fragilità. Perché dietro ogni pratica “in lavorazione” ci sono persone, dolori veri e vite che meritano rispetto”.












