Intervista a Mario Marci, principe dell’Fm che racconta a Casteddu Online la sua bellissima storia professionale e il mondo sempre in cambiamento delle radio libere .
D: Come sono cambiate le radio negli ultimi 40 anni? Ricordi la magia delle prime radio libere?
Purtroppo, le radio sono cambiate in peggio. O meglio: hanno seguito le tendenze, snaturandosi nel tentativo di imitare i network, senza tenere conto delle risorse economiche sempre più limitate delle emittenti locali. Il fascino della radio è ormai sempre meno presente: la tecnologia ha preso il sopravvento e, con essa, anche gli ascoltatori si sono spostati altrove.
Oggi i ragazzi non ascoltano più la radio: con uno smartphone possono sentire ciò che vogliono, quando vogliono. Eppure si continua a far finta di nulla, come se il mezzo radiofonico non fosse in calo.
La magia delle prime radio libere era unica: se non l’hai vissuta, è quasi impossibile riuscire a trasmettere quella sensazione a chi ti ascolta.
D: Si può parlare di evoluzione? Quali sono state le esperienze più significative?
Non parlerei di evoluzione, ma di semplice adattamento ai tempi. L’agonia del settore è evidente.
Un tempo bastava un programma a dediche e le linee telefoniche andavano in tilt: ricordo, a Radio Studio One (all’hotel Setar, dal 1987 al 1998), che il centralino dell’hotel riceveva decine di chiamate contemporaneamente, tanto da intasare il sistema. Poi arrivarono gli SMS, con numeri incredibili: 200-300 messaggi per ogni programma, nonostante fossero a pagamento! Oggi, nemmeno con WhatsApp si raggiungono quelle cifre, semplicemente perché non ci sono più gli ascolti di allora.
D: Quali sono state le esperienze migliori nelle radio del Cagliaritano? Chi ricordi con più affetto tra speaker e DJ?
Negli anni d’oro c’erano molte emittenti valide. Alcune hanno resistito, altre purtroppo hanno chiuso. Oltre a Radio Studio One, ricordo con piacere Radio Manila, sempre curata nei dettagli; Studio 96, molto presente sul territorio con programmi e speaker di qualità; e naturalmente Radio Sintony, già allora attenta alla qualità del suono e all’efficienza tecnica. Impossibile non citare Radiolina, che ha fatto la storia: organizzata come un’azienda, con speaker e programmi memorabili, ha accompagnato i sardi nell’FM quando i network non esistevano ancora.
Gli speaker e i DJ erano davvero preparati: prima non andavi in onda se non eri un vero professionista. Oggi, invece, capita di sentire voci che non affiderei neanche al citofono! Gli editori sembrano più interessati agli influencer che alla qualità. Ma la radio non è fatta di “like”: è fatta di parole dette bene, con professionalità.
D: Che valore hanno le radio di informazione? Pensi siano sottovalutate?
Credo che oggi le radio dovrebbero specializzarsi. . Le generaliste non attirano più: restano solo come sottofondo. Invece una radio di informazione ha un’utilità concreta e un reale interesse. Purtroppo molti editori non hanno il coraggio di rischiare e di investire. E attenzione: una radio di sola informazione non è un gioco, servono competenze, risorse umane ed economiche.
D: Come giudichi i grandi network sardi – Radiolina, Sintony, Super Sound?
Preferisco non entrare nel merito. Posso solo dire che non rispecchiano la mia idea di radio. Ognuno dovrebbe avere l’umiltà di affidarsi a chi ha le competenze: la presunzione, in questo settore, è pericolosa.
D: I ragazzi di oggi ascoltano ancora la radio? Potrà mai esserci una nuova “magia” come quella di Stereonotte?
No, secondo me no. Sono cambiati i tempi e i ragazzi di oggi spesso non sanno neanche cos’è davvero la radio. Alcuni programmi resistono, penso a Radio Capital, che ascolto volentieri. Ma ormai l’on demand – compreso YouTube – è diventato lo standard.
D: Qual è il futuro delle radio in Sardegna? FM o DAB?
Il futuro è solo il web. Il DAB è destinato a morire. Il web, invece, premierà chi merita, con ascolti veri e certificati. Il problema è che servono regole chiare: oggi è ancora un far west, come l’FM prima della legge Mammì.
D: Tornerai mai a fare radio?
Assolutamente no! Non rovinerei i ricordi meravigliosi che ho. Negli anni ’80 e ’90 era un’altra cosa: oggi non si potrebbe più fare radio in quel modo. Dopo l’ultima esperienza a Radiolina ho ricevuto proposte, anche interessanti, ma ho preferito dire di no e dedicarmi ad altro.
Resta la passione: ho un canale YouTube dove pubblico i miei DJ set e dirette streaming, con musica anni ’80/’90 e deephouse. Questo mi basta.
Ho iniziato nel 1979, a 13 anni, a Radio Studio C2 di Quartu, e da allora ho vissuto la radio in tutte le forme: come appassionato, tecnico e persino editore (anche se non ho mai amato questa definizione).
Colgo l’occasione per ringraziare tutti i collaboratori che ho incontrato: senza di loro non avrei fatto nulla. Molti sono diventati amici, altri professionisti affermati. Lavorare in radio, per come l’ho vissuta io, è stato il più bel lavoro del mondo.













