“Levantate di Sant’Agostino”, quando l’afa era insopportabile e non si poteva combattere
Puntualmente ai primi di agosto arrivava il grande caldo che solo con l’arrivo della notte sia attenuava.
Una volta, i primi 15 giorni di agosto, i cagliaritani, non esistendo i condizionatori, non avevano altro modo di combattere il grande caldo, che aspettare il tramonto e godersi la frescura notturna.
All’imbrunire, le strade di Villanova, Stampace, Castello e Marina si riempivano di persone sedute sulle sedie davanti alle porte delle abitazioni: gli uomini in calzoncini corti e la canonica canottiera, le donne con abiti sbracciati e variopinti e ventagli mossi per sostituire il vento mancante.
Gettonati erano viale Buoncammino e Monte Urpino dove la gente si recava con la speranza di godere di un eventuale soffio di vento che pero non arrivava.
Le famiglie, riunite all’aperto, con le sedie in circolo, occupavano interamente le strette strade ddei quartieri storici mentre i ragazzini, meno infastiditi dalla calura, giocavano a trottola o a pincaro. Dalle porte spalancate dei bassi uscivano mille odori provenienti dalla cucina e inondavano l’aria di tutti i tipi odori e la gente mormorava indicando questa o quella famiglia accusata di “tutto fumo e niente arrosto” come dire che quanto cuocevano non era niente di buono ma di scarsa qualità e lo si cuoceva solo per dimostrare le proprie possibilità finanziarie: allora cosi si agiva.
Alcuni invece cuocevano direttamente all’aperto, mostrando le prelibatezze soprattutto le interiora di maiale, con la griglia sul tipico braciere in rame: il caldo non faceva certo passare la voglia della picchettata.
Le bettole della via Garibaldi improvvisavano la cena all’aperto ed i tavolini con piano in marmo bianco coronavano gli ingressi. Gli avventori in attesa del pasto giocavano a scopa fin quando arrivava un fumante piatto di “Fais buddias” accompagnato da uova sode e vino a volontà: il caldo era una scusa per socializzare, per stare con gli altri, parlare e criticare.
I più fortunati raggiungevano il Poetto, qualcuno passeggiava in riva al mare a piedi nudi per cercare un po’ di frescura e refrigerio, qualche altro, con la famiglia accanto, pescava con la lenza in quel mare immobile per l’assenza di vento definito in vernacolo “Callazzu”.
Altri, proprietari di casotti, parlottavano con gli sdrai in circolo nella sabbia davanti agli ingressi, mentre le cucine improvvisate all’interno di quelle casette di legno, sfornavano arrosti di tutti i tipi ma anche fumanti piatti di pastasciutta.
Anche lo stradone principale del Poetto era pieno di gente che passeggiava mentre i ristoranti in legno in fila lungo la strada, rinomati per le specialità ittiche, venivano presi d’assalto.
Passato ferragosto, il maestrale timidamente riprendeva a soffiare riportando sollievo ed i cagliaritani dopo il tramonto non riempivano più le strade in cerca di refrigerio ed il Poetto riassumeva la sua normale fisionomia.













