Le discoteche aperte d’estate, tutti a ballare stretti stretti. Il Corso Vittorio Emanuele a Cagliari a luglio strapieno di giovani mentre impazzava la movida, quasi tutti senza mascherine. E ora gli ospedali al collasso, le ambulanze ferme al Santissima Trinità anche per cinque ore in attesa. E’ come se una musica si fosse fermata di colpo. Come se qualcosa ci avesse illuso che l’incubo del virus era finito: le spiagge piene e affollate, i locali da tutto esaurito, col distanziamento ma anche con quella leggerezza di chi pensava che il peggio fosse certamente passato. Ma poi cosa è successo? Come è possibile che da maggio ad agosto, dopo il lockdown, tutto sembrava davvero andare bene, e poi siamo ripiombati nel caos? La colpa non può essere solo delle sette milioni di presenze turistiche in Sardegna ad agosto, che certamente hanno riportato il contagio in un’Isola che era ormai Covid Free. E certamente tenere aperte le discoteche ora sembra come un pugno nello stomaco per chi ha paura di perdere i propri cari insieme all lavoro. Ma come mai tutti, a cominciare dalle istituzioni nazionali e regionali, sembravano avere abbassato la guardia? C’è qualcosa che non è stato tracciato, o abbiamo sbagliato davvero noi e siamo tutti “irresponsabili” o qualche meccanismo di comunicazione è saltato. Ci siamo illusi che la seconda ondata non sarebbe mai arrivata, ma perchè se il virus era ancora in circolo?
E adesso cosa succederà? Oggi il governatore Solinas ha annunciato un possibile “stop and go” di 15 giorni di tutte le principali attività in Sardegna. Che tradotto, significa un lockdown per chiudersi, blindare anche porti e aeroporti, e poi sperare che vada tutto bene, che il contagio si fermi come in un reset. Ma quali attività resteranno aperte? E come faranno a sopravvivere bar, negozi, ristoranti, palestre, piscine, centri estetici, parrucchieri ad un’altra eventuale serrata anche se solo di 15 giorni? E se poi dopo fosse necessario prolungarla? E se poi dopo ci fosse un lockdown nazionale? Niente allarmismi, anzi il governo lo esclude: ma sono le domande che si stanno facendo tantissimi imprenditori e lavoratori ora in Sardegna, molti dei quali sono già in cassa integrazione con lo spettro di futuri licenziamenti.
E poi ci sono tutte le persone costrette alla quarantena, la preoccupazione enorme di medici e infermieri: a fare paura in Sardegna, inutile negarlo, è quel filo sottile dei numeri dei posti letto negli ospedali, specie nelle terapie intensive. Ma il dubbio è sempre quello: tra salute ed economia, perché reggere a un nuovo lockdown, parole di Giuseppe Conte, in questo momento per gli italiani sarebbe quasi insostenibile. E mentre in un primo momento i cittadini si erano uniti come in un grande abbraccio con chi li governava e proteggeva dalla pandemia, ora sembra che quel feeling si sia spezzato. La gente ha l’impressione che nei piani alti si navighi un po’ troppo a vista, con un Dpcm dopo l’altro, e ordinanze che volano a macchia di leopardo. Dov’è la visione del nostro futuro, davvero è impossibile da prevedere cosa accadrà a breve? E ci sono tutte le altre malattie da curare, con le visite ferme al palo. Ed è vietato anche fratturarsi, perchè i reparti sono ridotti all’osso. Il nemico più grande in questo momento non è il virus, è la nostra paura. Del presente, ma soprattutto del futuro. Ed è quella che in qualche modo dobbiamo vincere: servono collaborazione tra forze politiche e coraggio, non possiamo restare aggrappati soltanto alla speranza di un vaccino.












