Sarà sepolto nella sua Orgosolo Graziano Mesina, il criminale sardo simbolo del banditismo e dei rapimenti di persona sul Supramonte. Alla fine l’ex primula rossa del banditismo tornerà a casa per l’ultimo saluto, in una Orgosolo dove la tensione sociale è in continua escalation. Domani, per le esequie del malvivente simbolo negativo della Sardegna, eppure da tantissimi celebrato come eroe, Orgosolo sarà blindata. L’ex latitante, considerato per decenni la “primula rossa” del banditismo sardo, era stato protagonista di numerose evasioni e condanne, simbolo controverso di un’epoca segnata da sequestri, faide e latitanze. La sua figura ha diviso l’opinione pubblica e segnato profondamente la storia criminale dell’isola.
A poche ore dall’ultimo saluto al boss orgolese, nuove scritte di minaccia di morte sono comparse nella notte sulla facciata della chiesa campestre di San Marco, lungo la strada per Montes. Non che sia una novità: già in passato lo stesso luogo era stato teatro di altri episodi intimidatori. Nel mirino, stavolta, il maresciallo dei carabinieri Mattia Chessa: “Sei morto, ti sparo, riposa in pace”, accompagnata da tre croci nere, è la frase – scritta con vernice spray – poi rapidamente cancellata.
Lo stesso edificio religioso era già stato usato come “lavagna” per messaggi minatori diretti a due funzionari dell’agenzia Forestas e al sindaco Pasquale Mereu, anch’egli destinatario di precedenti intimidazioni.
Sull’episodio indagano i carabinieri, in un contesto sempre più allarmante nel Nuorese, segnato da una preoccupante escalation di minacce, attentati incendiari e tensioni sociali che, da mesi, attraversano diversi centri della provincia, da Siniscola a Bitti.
Un clima carico di tensione che si fa ancora più denso in queste ore, con Orgosolo che si prepara a salutare il suo cittadino più discusso.
Mesina era stato scarcerato venerdì, alla settima richieste delle sue legali: era malato terminale di tumore e voleva morire in Sardegna. Ma qualche ora dopo la scarcerazione è morto a Milano, nel reparto detenuti dell’ospedale San Paolo.










