“Il lavoratore deve avere il diritto di lavorare, non diventare un perenne disoccupato e perdere dignità quando è nel pieno delle sue energie”. Circa l’11,8% dei lavoratori italiani sono poveri e quello italiano è il dato più marcato degli Stati europei (dove, mediamente, i lavoratori poveri sono circa il 9,2%)-fonte Eurostat e la Sardegna di certo non è controtendenza. I centri dell’impiego sono presi d’assalto, i servizi sociali lavorano a pieno ritmo per tamponare le difficoltà del momento delle famiglie che devono fare i conti anche solo per mettere in tavola i pasti ogni giorno. Conosce bene la situazione Tiziana Mori, anche assessore alle politiche sociali di Monserrato ai tempi della pandemia e ora impegnata in collaborazioni e progetti in ambito regionale per supportare le associazioni implicate nella lotta alla povertà e a proporre soluzioni concrete nell’ambito lavorativo.
“Come evidenziano gli studi ed ormai è chiaro a tutti, il Covid-19 ha peggiorato la situazione di coloro che, già prima della pandemia, vivevano in condizioni di vulnerabilità (per esempio, i lavoratori atipici o irregolari, che a causa della pandemia hanno visto ridursi o azzerarsi il reddito da lavoro).
In letteratura si parla ormai di un nuovo ‘paradigma’ ove, allo stato attuale, sono gli stessi lavoratori e le loro famiglie, e quindi non solo i disoccupati e gli inattivi, ad essere poveri: il lavoro non protegge più sufficientemente dai rischi sociali.
Questo richiede, a tutti i livelli di Governo, una chiara transizione verso un nuovo modello – spiega Mori – nei confronti anche dei ‘poveri DA lavoro’.
Abbiamo infatti un gap nella fascia di età dai 45 anni in su, molti dei quali si stanno formando e ‘riqualificando’, ma mi chiedo: quanti datori di lavoro sono pronti ad ‘investire’ sui 45enni o anche più grandi di età?
Parliamo di famiglie con figli a carico che di botto si ritrovano come monoreddito, con mutui e spese che diminuiscono la qualità della vita e i servizi, a cui prima avevano accesso”.
Tra le categorie di lavoratori ad essere più colpiti dal fenomeno sono gli autonomi, i lavoratori temporanei, i part-time e le famiglie con figli minori, “questo a conferma del fatto che la componente “familiare” gioca un ruolo cruciale nel determinare i tassi di povertà lavorativa.
Ma altri fattori si sommano a tele condizione, peggiorandola come, i risvolti demografici, quello economici e sociali: l’insicurezza nella pianificazione familiare economica e l’aumento dell’età media al primo figlio e al matrimonio Sono appunto i ‘nuovi poveri’ da lavoro”. E chi pensa a loro?
“Noi del Terzo Settore potremmo pure impiegarli visto che sono ultra qualificati, ma senza sgravi e proposte per inserirli con supporto del Ministero del lavoro e politiche sociali, come avviene per le Imprese, non abbiamo modo di farlo.
Eppure ormai la co-progettazione e co-programmazione sono divenuti un mantra, ma non deve essere per ‘rispettare’ un ‘mero aspetto burocratico’, ma un nuovo modo di pensare alle Politiche Attive del Lavoro, che sono da rivedere anche sotto questo aspetto.
Il lavoratore nel pieno delle sue capacità deve avere il diritto di lavorare, non diventare un perenne disoccupato e perdere dignità quando è nel pieno delle sue energie umane e professionali per dare il suo contributo.
Personalmente sposo una delle soluzioni date dal Gruppo di Lavoro (istituito con il Decreto Ministeriale n. 126 del 2021) su “Interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa” che consiste nel promuovere una revisione dell’indicatore europeo di povertà lavorativa a livello di Unione Europea.
Cioè si tratta dell’invito che il Gruppo di lavoro ha fatto ad inizio d’anno al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali “per promuovere una revisione dell’indicatore di povertà lavorativa che si faccia carico di estendere la platea di riferimento a tutti coloro che sono occupati almeno una volta durante l’anno e di prendere in considerazione in maniera più strutturale i redditi da lavoro degli individui (oltre che del reddito equivalente)”.
Inoltre, aggiungo per l’ennesima volta che venga coinvolto il Terzo Settore nei tavoli di lavoro in questi processi di Innovazione Sociale”.












