
La prima e immediata sensazione, a pelle, è quella di ritrovarsi davanti alla consueta discarica a cielo aperto, con l’invasione calzante di rifiuti di ogni genere, mucchi di spazzatura sparsi da più parti, impossibile non vedere cosa tutto sta accadendo in quella zona. Di più, da anni è proprio così, come dicono gli stessi residenti della zona: un inevitabile e solito copione, chiunque arriva dalla strada principale, scarica materiale ingombrante, immondizia e sparisce nel nulla, ma sulla strada comunale Is Meris, c’è ben altro.
IL NURAGHE. Dalla strada principale (via Dell’Autonomia Regionale), si intravvedono alcuni edifici che sovrastano quell’intera panoramica vista mare: suggestivo, un vero e proprio gioiello dove una location, Il Nuraghe, rappresentava un complesso ristorativo e ricettivo ormai chiuso da svariato tempo. Un fiore all’occhiello dell’imprenditoria di quegli anni, (parliamo di almeno 20 anni fa), in voga tra i ricordi indelebili di un’intera generazione di giovani, oggi sessantenni. Attualmente quell’imponente e mastodontica struttura, sta cadendo letteralmente a pezzi.
L’ACCESSO. Un “cancello con lucchetto e catena” delimita (se così si può dire) quello che a poche centinaia di metri si riesce ad intravvedere: adiacente all’inferriata, un ampio varco rende libero l’accesso, privo di recinzione o cartello che scoraggiano chiunque a curiosare, se non altro, per accertare lo stato dei luoghi, in quel “deserto di memorabili ricordi” divenuto nel giro di pochi anni un cimitero di brandelli di cemento, tra piscina, bungalow, sale da ballo all’aperto, sala ristorante/pizzeria, i forni a legna o ciò che vi rimane, la zona consolle e quella adibita al bar e altre opere architettoniche oramai totalmente abbandonate e vandalizzate col tempo. Ancora opere in pietra, archi in muratura, quei fortini del periodo bellico “riadattati” come fossero antichi nuraghi ma dai segni inequivocabili di piccole fortezze per i memorabili soldati che presidiavano l’area negli anni ‘40. E poi ancora migliaia di volantini sparsi dappertutto, tra quelle quattro mura annerite, soffitti in eternit e cartongesso sgretolati con specchi presi a colpi di pietra dai vandali che si recavano li dentro a distruggere, quel poco che ancora era rimasto. Il rumore della reflex, fedelmete, decreta e immortala tanti pezzetti di storia vissuta e oramai sbiadita, in quel regno imprenditoriale che come tanti, (spesso per motivi inspiegabili) anche in quella zona, hanno avuto una fine nostalgica.
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