Una storia dolorosissima, che dopo 42 anni non smette di far male, di indignare, di lasciare dei “perché” senza risposta. Una ragazzina di soli 15 anni, Emanuela Orlandi, non è più tornata a casa da quel quel lontanissimo 3 luglio 1983. La sua famiglia, con estrema dignità, non ha mai smesso di parlare di lei, di cercare la verità, di cercare di rompere i muri d’omertà e silenzio assordante che caratterizzano la scomparsa di Emanuela. In prima linea da sempre il fratello Pietro, che al Giffoni Film Festival ha presentato il documentario “42”, diretto da sua figlia Elettra. “Abbiamo raccontato la nostra vicenda, per far sì che Emanuela Orlandi non venga dimenticata”, racconta in un’intervista rilasciata a QN.
“Qualcuno all’interno del Vaticano. Io ho sempre considerato il piccolo Stato dove siamo nati come casa nostra: e invece, è proprio lì che alcuni continuano a nascondere la verità. Il Vaticano ci ha voltato le spalle”, spiega con rammarico Pietro. “Fino a qualche anno fa tutti i politici mi rispondevano: ‘C’è il Vaticano di mezzo, non mi impiccio’. Oggi invece una commissione c’è, nonostante l’opposizione del Vaticano. E questa è una cosa positiva”.
Anni in cui la famiglia ha provato ad incontrare sia Papa Francesco che il neo eletto Leone XIV, ma senza alcun risultato. “Se il Vaticano non riesce a liberarsi della scomparsa di una ragazzina, è evidente che c’è dietro qualcosa di più grosso. Ci sono stati sicuramente un ricattato e un ricattatore. Io sono convinto che il ricattato era ai vertici del Vaticano”, spiega Orlandi. “E il ricattatore è un po’ dentro, un po’ fuori dal Vaticano: qualcuno che al momento voleva gestire lo Stato vaticano. Se hanno chiesto qualcosa di così grande, è perché qualcuno ha in mano il vero oggetto del ricatto. Io credo che il Vaticano potrebbe chiudere la questione in qualunque momento, inventandosi qualunque cosa. Se non lo fanno è perché qualcuno ha ancora in mano l’oggetto del ricatto”.











