Edoardo Bennato, il menestrello del rock and blues italiano è tornato. Non se ne era mai andato, ma a Cagliari rispolvera la grinta e la voce di tanti anni fa in un concerto epico: “Abbiate sempre un’opinione, allora ce l’avete un’opinione o no? Speriamo in tempi migliori per tutti noi ma ora serve propositività: viviamo una realtà collodiana, kakfiana, orwelliana: fatta di gatti e volpi, mangiafuochi, è incredibile come i tempi di Pinocchio di 150 anni fa siano esattamente uguali a oggi. Ho riletto Collodi, 150 anni dopo siamo allo stesso esatto punto”. Bennato mai con una voce così forte, ritrovata dopo anni, mai così felice e rilassato, ricorda i tempi in cui aprì in due il Sant’Elia dicendo: “Siete fermi in fila per tre?”, e il pubblico avanzò, in quella notte del 1980 con il blue jeans targato ribellione, sino a travolgere il prato. E il vento poi semi travolse il palco “Salviamo il salvabile”. Erano i tempi dei referendum sul divorzio e sull’aborto. Sì, ragazzi e ragazze scavalcarono la fossa degli spalti.
Ma non è più tempo solo di buoni e cattivi. Di guelfi e ghibellini. Non è una notte qualsiasi, a Cagliari, nella Sardegna in mano al virus, in bilico sulla zona gialla. Non capita tutti i giorni, certo, che il cantante con cui sei nato e cresciuto da sempre suoni esattamente a 150 metri dalla clinica in cui sei nato prematuro, e neppure sapevi se avresti visto la luce. Se non altro perchè ti risparmia la fatica delle centinaia di concerti visti in trasferta. Oltre mille persone si ritrovano lì, tre generazioni insieme: rigoroso green pass all’ingresso, una dolce poliziotta li controlla uno per uno, ma dentro danzano i sogni. Con la mascherina bianca più stretta, un sognante 72 enne confessa. “Siamo cresciuti con le sua canzoni negli anni Settanta, ecco perchè siamo qui”.
A 75 anni, è come un immortale del rock e del blues italiano: ti insegna con musica e parole come si può ancora resistere, e questo è il primo vero concerto dopo due anni di restrizioni in Sardegna. Bennato esce sul palco da solo, sono le 21,36 di una notte d’agosto ai tempi del virus nel 2021. Non canta, parla. Dice che ha passato una vita intera piena di dubbi, che in questo momento storico i dubbi contano a peso d’oro. Ha solo l’armonica, questa volta neanche il tamburello a pedale. “Abbi dubbi” lì cantata da solo, insieme alla celebre Sono Solo e Canzonette e a quei due, sempre loro: “Sapete, il gatto e la volpe derubavano sempre Pinocchio: però erano almeno sempre simpatici. Io ho usato il canovaccio delle favole ma non lo avrei mai pensato, che dal 1974 al 2021, le situazioni con personaggi cambiati ma identici, sarebbero stati uguali. Pensate a oggi: il grillo parlante, i burattini senza fili, Mangiafuoco”. Retoriche a parte, per un Bennato mai così felice perchè Cagliari è speciale. Lui è il gatto, io la volpe. Stiamo in società. Di noi, ti puoi fidar. “La realtà non può essere questa, didascalica: io non amo però le lezioni di morale”. Tutti i capi di partito. E su in alto…Mangiafuoco.
Ma quando Edoardo continua, capisci che la musica cambia. “Bravi ragazzi” sembra oggi: una di notte e c’è il coprifuoco, pensare che all’inizio sembrava quasi un gioco. “Vedrete che poi….”. Edo si ferma. “Vedrete che poi”…., mima con le braccia. Vedrete che, poi, sistemeremo tutto. Sistemeremo tutto. La canzone è scritta quasi 30 anni prima del Coronavirus in Italia. “Per fronteggiare la situazione, c’è stato un programma alla televisione. Hanno parlato tutti gli avvocati. Di tutte le bandiere, Di tutti i partiti. Ed è stato proprio commovente, vedere tutti quei grandi sacrificare le proprie idee in nome del bene della gente. Poi hanno dato, severe istruzioni. Di stare calmi, di stare buoni”. Bravi su, fate i bravi ragazzi. Poco male se i ragazzi sotto il palco hanno i capelli bianchi.
La Sardegna è casa sua, quasi cento concerti nei paesi: lo fu persino a Lodè, nel 1994, quando andò via dal palco sgommando con un’auto lui alla guida sfiorando i muri per un pelo, dopo l’incidente che segnò la sua vita. Oppure a Teti, o a Siniscola appena 6 anni fa. O in tantissime altre memorabili serate: come a Bonorva, 4 anni fa, quando rispolverò persino “Ogni favola è un gioco”. Come a Sennori in un memorabile concerto del 2008, in cui i fan più accaniti ricordano che cantò con un familiare che stava male e poi andò via subito, “lo show finisce qua” ma fu un’altra magica notte sarda.
Come due settimane fa a Ulassai, oppure 17 anni fa a Sedilo all’Ardia: come allora oggi ha negli occhi gli occhiali scuri. Ma questa volta il pubblico del parco della musica (finalmente parco della musica) lui lo vede perfettamente ed è felice. O come a Decimomannu a Santa Greca nel 1995, come tantissime altre volte: come a Selargius quando suonò nella notte esatta dell’11 settembre 2001, dopo che gli aerei si erano schiantati sulle Twin Towers e l’atmosfera era surreale. Come in quella notte ad Assemini nel 1997 in cui lo intervistai all’hotel Argentina: “Inutile che tenti di farmi dare un giudizio su Bossi e sulla Lega: tutto quello che dico, l’ho detto nelle mie canzoni o nel parallelo sulle favole”, perchè me lo chiese il caposervizio. “E lo dici a me, che sono nato nel 1972 e vivo con le tue canzoni?”. “Ok, allora lo sai da solo: tra due settimane torno in Sardegna, me lo porti l’articolo sul mio concerto con Katia Ricciarelli?”. Edoardo in quell’occasione tradì una passione mai confessata: rileggere e conservare gli articoli giornalistici su di lui. “Non potrò mai far carriera, nel giornale della sera. Anche perchè finirei in galera”, Edo lo ricorda subito nella jam session solitaria in apertura di concerto, Sono solo canzonette però….
Sul palco ha una band eccezionale che nessuno in Italia può vantare nel rock. Giuseppe Scarpato e Gennaro Porcelli sono le due migliori chitarre italiane, se le sognano Ligabue e Vasco, Roberto Perrone alla batteria si esalta in assoli eccezionali, Raffaele Lopez è il re delle tastiere. Suonano insieme ormai da 30 anni, ma questa sera a Cagliari c’è un’eccezione: Edoardo ha la voce dei tempi migliori, nessuno si sogna di supportarlo. Chi lo conosce bene, come Lorenzo Sau e i suoi amici con le magliette “Campi Flegrei” schierati in prima fila, giura che era da tantissimo tempo che non era così forte e così loquace. Gianfranco Carboni, che lo ha seguito appena pochi giorni fa in Ogliastra, fan storico e grande intenditore di musica, sospira: “Il rock e il blues riconciliano con la vita, siamo due anni che soffriamo, questa è energia pura”. Edoardo gli fa eco sul palco: “Spero che arrivino tempi più felici per tutti noi, ma ora saltiamo insieme: liberiamoci dalle inibizioni, sono davvero felice di essere qui con voi”. E grida “Siamo fortunati, Nerone non è più con noi: siamo fortunati ragazzi, adesso non c’è Nerone, è una pacchia”, e iniziano due ore di gigantesco dribbling con l’ironia. Certo non c’è Nerone, ma siamo davvero liberi nei giorni delle guerre sul green pass e fuori dai concerti non ci sono i tamponi liberi?
“Chi erano quei 4 scornacchioni di cui parlavo nel 1974? Il brano era Ma chi è. Provate a sostituirli con quegli di oggi, i risultati sarebbero identici”, Bennato si fa il verso sapendo che le sue canzoni hanno centrato il bersaglio non solo dell’attualità , ma forse davvero dell’immortalità. E allora come oggi essere Rinnegato è un codice di orgoglio, un vanto da sventolare ai quattro venti nel rock più forsennato. E il rock di Capitan Uncino, nei sogni di bambino degli eterni Peter Pan, è solo l’ennesimo inno. Perchè se vedi la signora di 70 anni cagliaritana con maglietta trasparente che davvero vince le inibizioni, e va a cantare sotto il palco in piedi, l’ironia bennatiana più totale prende il sopravvento. Come la signora folkloristica che risponde a ogni battuta ad alta voce, tanto che Edo la ascolta, si ferma e poi dice “ecco appunto” e fa partire la ribelliosa “In prigione, in prigione”.
Non si suona in un posto qualsiasi. Dietro c’è piazza Giovanni, terra di appassionati comizi dei politici degli anni 80, come quando c’erano Pannella e Andreotti. Non si scherza, non è un gioco, sta arrivando Mangiafuoco. Non è difficile immaginare a chi si riferisca più volte oggi, Edoardo, quando ribatte più volte nei discorsi sui burattini senza fili ai tempi del Draghi forever. “Mangiafuoco fa le scelte, muove i fili e si diverte, ma se scopre che tu il ballo non lo fai, attento ragazzo, che ti dichiara pazzo. Non c’è altro concorrente: chi ci prova, se ne pente”. Roberto Perrone prende le percussioni e si scatena, il parco della musica diventa il parco della batteria: la sorpresa assoluta è che Edoardo in piena trance di commozione agonistica stavolta esce dal palco, si mette dietro la cassa, a destra dove non lo vede più nessuno, nascosto, e applaude i suoi ragazzi.
Però poi c’è sempre l’amore insieme al filo della nostalgia. Chi non ha mai idealizzato una donna, che sia esistita o meno, o magari solo nei ricordi di ragazzo, congelata per sempre nella magnifica “La fata?”. “Che sei una fata. Sei una stella. C’è chi ti esalta, chi ti adula, poi ti fa schiava. Però no. Chiamarlo amore, non si può”. Non è serata da grandi classici, qui conta soprattutto l’emozione del durantevirus: “L’isola che non c’è” infatti scorre via, come se fosse scontata. E “Un giorno credi” sparisce dalla scaletta del tour perchè è il vezzo del cantante che ha deciso che Cagliari è una serata unica per lui. Racconta però di quando la mamma cercava un’insegnante di lingue per lui e suo fratello Eugenio, e invece spuntò la maestra di musica. Perchè a Napoli, a Napoli 55 e’ a musica. La cabala vale più di tutto. E tutti quei sogni e le promesse di “Quando sarai grande”, per un Bennato quanto mai incollato stavolta a quei mitici anni 70, tanto che fa solo un pezzo dell’ultimo album, “Non c’è”.
Sul video di Cagliari scorre invece Enzo Tortora con le sue magnifiche frasi di Portobello: “Dove eravamo rimasti?”. “La calunnia è un venticello, diceva Rossini, io ho sempre amato tantissimo Rossini: quando arrestarono Enzo Tortora, pensavo fosse la copertina del giornale Il Male. Ricordate il giornale il Male? Era come Cuore, con titoli assurdi al massimo dell’irriverenza: ecco, pensavo fosse un titolo inventato, Invece era tutto vero. Invece Enzo Tortora, una persona splendida, fu arrestato davvero ingiustamente”, e poi per quel dolore morì. E allora ecco perchè “In prigione in prigione”, con Bennato che finisce ironicamente arrestato sul palco dai suoi musicisti, diventa un altro gioco con la realtà: “In questa nazione, se non finisci in prigione, non sei nessuno”, incalza Edoardo in una notte cagliaritana dove le parole sembrano contare di più.
Nella platea avvocati, professionisti, commercialisti: “Ma è Bennato o sono i Pink Floyd? Ma che band ha, che assoli sono?”, per giustificare anche qualche mascherina giù e le sedie tutti attaccati. Tanto c’è il green pass. Siamo qui perchè ci siamo, tre generazioni dietro. Magari meglio non fare foto, si legge dietro gli occhi a metà emozionati e impauriti. Non è una caldissima notte social, chi c’è se la gode solo privatamente. Gli smartphone rimangono misteriosamente nelle tasche. Moltissimi cagliaritani non sapevano che c’era il concerto. Mille posti limitati, ma esauriti. Poi però tutti in piedi, nei bis, sopra o sotto le poltroncine. “Sono o non Capitano Unicino, io sono il professore, della rivoluzione? Si fa per dire, eh?”.
Il fantasma di Joe Sarnataro, alter ego del blues scelto con nome anonimo che Bennato scelse in un album nel 1992, rinasce a sorpresa nella bluesissima “E’ asciuto pazzo o padrone”, dedicata a Maradona. Però questa volta credo davvero nessuno si ricordi di quel concerto nel 1992 ad agosto alla Fiera di Cagliari: Bennato si presentò davanti a circa 300 persone completamente mascherato sotto il falso nome di Sarnataro, con capelli e barba finti, non ammise mai durante il concerto di essere lui, poi alla fine uscì cantando l’ancora attualissima “Il paese dei balocchi”, dedicata ai migranti. Non disse mai, al pubblico cagliaritano, di essere Bennato.
L’ennesimo gioco. L’ennesima favola. L’ennesimo trasformismo. Il segreto di Pulcinella, quella che con Arlecchino “si riempiono di calci, si spaccano le ossa, Mangiafuoco, sta alla cassa”. Riecheggia invece quell’ultimo concerto del 2000 al Molo Ichnusa, dentro un capannone: erano i tempi dell’uomo occidentale, del fatto che “ritorna l’estate, meno male. L’estate in Sardegna è un privilegio, godetevela”, ed ecco come persino Bennato oggi non possa fare più il verso neppure a se stesso. Però c’è Nisida, ancora una volta Nisida, che chiude il concerto. “No no no, non lasciatevi suggestionare, dai cataloghi che vi parlano di isole incantate, o di sirene in offerta speciale”. Piazza Giovanni sembra un’isola, inventata.
Nel VIDEO “Signor censore” nell’esibizione a Cagliari del 27 agosto 2021: “Signor censore tu stai facendo un bel lavoro, la tua teoria è che il silenzio è d’oro”: da chi ricevi le istruzioni, per compilare gli elenchi dei cattivi e buoni?”.









