Draghi telefona a Putin “per parlare di pace” ma poi minaccia le dimissioni se qualcuno si metterà di traverso all’approvazione del decreto Ucraina che prevede l’aumento delle spese di guerra. E chi non ci sta, i 5 Stelle hanno cercato in tutti i modi di frenare, è fuori dalla maggioranza. Si possono riassumere così le ultime ore della guerra in Ucraina vissute in Italia.
Il Governo, dunque, porrà la fiducia sul decreto legge Ucraina al Senato. È quanto emerso dalla riunione dei capigruppo di Palazzo Madama, parlamentari. La fiducia verrà posta stasera dopo le 20, mentre in aula si voterà domani a partire dalle 11. La decisione, poco dopo la lunga telefonata di Draghi a Putin, un’ora circa riferisce Palazzo Chigi, in cui si è parlato anche del pagamento in rubli del gas russo chiesto dal Cremlino.
Intanto, mentre non ci sono passi in avanti corposi e sostanziali sull’evoluzione della guerra, tramontano anche le speranze dei 5 Stelle di poter dettare la linea a Draghi: Conte ci ha provato a dire che i pentastellati sono contro la decisione di garantire più armi all’Ucraina, ma il messaggio di Draghi, salito ieri al Colle per concordare una linea con Mattarella, è stato molto chiaro. Chi vota contro è fuori dalla maggioranza e a maggior ragione dal governo.
Intanto, il governo di Kiev denuncia un orrore di guerra compiuto dai russi. “A Mariupol gli occupanti hanno violentato una donna per diversi giorni di fronte al figlio di sei anni”, ha reso noto il ministero della difesa ucraino, aggiungendo che la donna “è morta in seguito alla ferite”, mentre al piccolo sono diventati grigi i capelli per lo shock. “Questo non è un film dell’orrore. Stupro, violenza, omicidio: questo è ciò che significa il ‘mondo russo'”, aggiunge il ministero sul profilo Twitter.