LE DODICENNI UBRIACHE CHE SI PICCHIANO NEL CENTRO DI CAGLIARI.
Perché?
Ciondolano in Piazza Garibaldi sotto la scuola Riva, soprattutto il giovedì notte. Abiti cortissimi e molto aderenti Sik Silk che scolpiscono il lato B ed evidenziano, per quanto possibile, il seno, spesso appena accennato. Escono soprattutto per bere vodka, contenute in bottiglie di plastica, e per fare qualche tiro di canna. Serve per “carburare”, sostengono, in modo da picchiare, quando è possibile, qualche coetanea. Ecco le bambine, appena divenute preadolescenti, che emulando il gruppo dei coetanei di qualche anno più grandi (13-15 anni) si trasformano in “dive” negative per fare serata.
Non sono, però, l’espressione delle famiglie multiproblematiche povere, insomma di quei genitori, di cui parla Giavazzi sul Corriere della Sera, che non hanno il denaro sufficiente per offrire ai figli “altre” opportunità come la seconda casa al mare o in montagna, baby sitter, e corsi all’estero per imparare una lingua. Perché in questa massa indifferenziata di dodicenni, che hanno la stessa divisa e manifestano la stessa forma di disagio, ci sono anche le figlie dei genitori benestanti di Cagliari e hinterland. Genitori in vista e insospettabili. Possibile che siano tutti inadeguati?
Non credo. Questo processo di omologazione della devianza, presente in tutte le città metropolitane, è determinato dalla nostra società falsamente liberale e democratica che trae guadagni diretti e indiretti dalla vendita di alcool, droghe e vestitini sexy per bambine e che poi cerca di riportare un pseudo ordine con qualche azione di polizia e un vertice, trimestrale, in prefettura. Insomma il volto autoritario dello Stato che vuole contrastare ciò che ha creato.
Non è questo il classico pensiero di un intellettuale di sinistra. Perché non sono un intellettuale (non chiacchiero ma lavoro sul territorio osservando i giovani nei loro contesti naturali, reali e virtuali) e non sono soprattutto di sinistra (ma aggiungo, neanche di destra o di centro). Perché politica e scienza non possono avere un connubio stabile, – rigidità e fanatismo ideologico da una parte, falsificazione e messa in discussione di ogni teoria e punto di vista dall’altra -, ma anche perché destra, centro e sinistra sono finzioni dialettiche. Stesse idee e purtroppo stessi programmi nell’attuale regime democratico. Ecco perché da oltre 20 anni, i nostri politici (di destra, sinistra e centro) hanno le stesse idee per quanto riguarda i giovani: non fare assolutamente niente.
Non costruiscono spazi per i giovani, non prevedono educatori di strada, non investono nei servizi sociali e nei consultori familiari. Chiudono le scuole e accettano passivamente la didattica a distanza in una regione, quella Sarda, in cui l’abbandono scolastico è il più alto d’Italia (21%) e 4 giovani su 10 non possono fare affidamento su una linea internet veloce. Non spendono, neanche una parola, sul problema per fare qualcosa di concreto.
E’ la politica, a senso unico, del “NON si deve fare niente”, che tollera la devianza dei giovanissimi perché produce consumi.
Ma se non consumassero più droga, alcool e vestitini sexy e iniziassero a produrre idee? A contrastare, ad esempio, il liberismo economico? A esprimere il loro parere sugli scandali (sempre legati a soldi e potere, i mostri del capitalismo) che riguardano alcuni: imprenditori, politici,funzionari dello Stato, magistrati ed esponenti delle forze dell’Ordine?
Meglio lasciarli ciondolare. Danno meno fastidio.
Luca Pisano, Osservatorio Cybercrime Sardegna









