“Non sembra che il Ministro Carlo Nordio abbia manifestato l’intenzione di fare un passo indietro rispetto all’apertura del Padiglione della Casa Circondariale di Cagliari-Uta destinato ai detenuti condannati al regime del 41bis. Non sono infatti rassicuranti le “adeguate consultazioni” attraverso cui intende successivamente decidere. La posta è molto alta occorre chiamare in causa la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni”. Lo sostiene Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento all’esito dell’incontro Todde-Nordio sollecitato dalla Presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde per rappresentare i rischi derivanti dall’ulteriore presenza di detenuti-capi di diverse cosche e/o esponenti di spicco del terrorismo.
“Nella Casa Circondariale “Ettore Scalas” – ricorda – i lavori sono ormai agli sgoccioli. Si sta procedendo con il completamento di alcuni dispositivi di sicurezza per garantire il totale isolamento del Padiglione. La consegna dello stabile al Ministero della Giustizia da parte di quello delle Infrastrutture avverrà presumibilmente nei mesi di ottobre/novembre. Subito dopo, a scaglioni, arriveranno i boss. Se questo è davvero considerato un problema l’intera classe politica, senza colore, deve reagire”.
“Quello che il Ministro Nordio sembra, colpevolmente, voler ignorare – osserva ancora la presidente di SDR – è che in Sardegna ci sono già un centinaio di detenuti al 41bis, a Sassari-Bancali e a Badu ‘e Carros. Presenze che, unite all’elevato numero di persone condannate al regime dell’alta sicurezza (circa 600 tra Sassari, Nuoro, Cagliari, Oristano e Tempio), hanno già dato segnali preoccupanti nella vita economico-sociale della regione, specialmente nelle aree interessate dal turismo”.
“Proseguire su questa strada significa – osserva Caligaris – compromettere anche gli equilibri di una terra icona di bellezza, vacanza, spensieratezza e tranquillità. Se poi a tutto questo si aggiunge che il personale penitenziario della sicurezza, soprattutto a Uta, ma non solo, è insufficiente e già adesso non è possibile garantire le attività trattamentali, il quadro si complica ulteriormente. Per smuovere il decisore nazionale è necessaria una forte mobilitazione della politica isolana, non solo di quella regionale, altrimenti avremo in Sardegna ristretti al 41bis ben 200 detenuti, circa il 27% di tutti i condannati alla massima pena”.











