La Sardegna bocciata (anche) per la Sanità: durante la pandemia, il sistema sanitario regionale non è stato in grado di garantire le prestazioni base ai cittadini, dagli screening alle vaccinazioni fino alle chemioterapie e alle prestazioni per malattie gravi. Le conseguenze sono note, più volte denunciate dagli stessi cittadini: impossibilità di fare prevenzione, di curarsi e di poter pianificare interventi chirurgici. Quello che già sapevamo per le tante denunce arrivate sull’argomento a Casteddu online, ora è nero su bianco: nel 2020, anno dello scoppio della pandemia, solo 11 regioni hanno superato la soglia di sufficienza sia per quanto riguarda la prevenzione, sia l’assistenza territoriale e ospedaliera. E la Sardegna, secondo i risultati del monitoraggio dei Livelli essenziali di Assistenza (Lea) pubblicati dal Ministero della Salute, non c’è. Peggio, fa solo la Calabria.
Dal pronto soccorso ai trapianti passando per gli screening tumorali, nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) rientrano le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di ticket. “Diverse le criticità attribuibili all’effetto pandemia”, si legge nella relazione a cura della Direzione generale della programmazione sanitaria: nell’area ospedaliera hanno subìto un peggioramento marcato rispetto al 2019 screening, vaccinazioni, controllo su animali. Anche l’area distrettuale registra variazioni anomale: aumento tempi nell’area emergenza-urgenza, riduzione consumo di antibiotici, re-ricoveri e ricoveri inappropriati.











