Cagliari perde un altro locale food, aumenta il totale delle chiusure dopo la fine del lockdown. Il Coronavirus, però, c’entra solo in parte: la decisione di Fabio Cocco, 44 anni, e della moglie Silvia, di chiudere l’osteria Sei Ottavi in via Lamarmora, è legata a diversi motivi. Due anni nel Corso Vittorio, poi la scelta di trasferirsi nel rione storico per eccellenza “per avere uno spazio più intimo e riservato. Abbiamo proposto piatti tipici romani, pugliesi e piemontesi, più la selvaggina”. Ma più di qualcosa, stando alle parole dell’imprenditore-chef, non avrebbe funzionato: “È mancato tutto, il quartiere è abbandonato, non ci sono servizi e non è curato, è sporco. Per anni abbiamo avuto gli ascensori fermi, a intermittenza, la ztl è illogica perchè è da mezzanotte alle nove del mattino, le auto sfrecciavano a tutte le ore come in una pista di Formula 1”, spiega Cocco, contattato da Casteddu Online: “L’affitto era di 1500 euro al mese, se avessimo sempre avuto clienti ce l’avremmo fatta ma, a parte l’estate, è stato quasi sempre un mortorio. Il cagliaritano non arriva sino a Castello solo per mangiare, vuole anche attrazioni, che non ci sono mai state. Abbiamo chiesto al Comune di pedonalizzare qualche via, non siamo mai stati presi in considerazione”.
E poi c’è stato il periodo di quasi tre mesi di chiusura per Coronavirus: “Abbiamo riflettuto se riaprire, gli incassi sono stati pari a zero e dal Governo è arrivato solo l’aiuto dei seicento euro”, osserva il 44enne, che ha anche scritto una lettera di “addio” sul gruppo Facebook “Abitanti di Casteddu de Susu”, poco più di venti righe che riassumono tutto il dolore e l’amarezza di un imprenditore costretto a “spegnere” la sua attività: “Ho fatto il conto dei tavoli che avrei perso con le nuove regole del distanziamento, sarei passato da diciotto a sei coperti. Sarei rimasto, ma ho scelto di andare via: mi sto dando da fare per aprire un nuovo locale a Quartu Sant’Elena”.










