Di Paolo Rapeanu
“Ci sono dodicimila sardi, che lavorano come dipendenti nei centri commerciali, massacrati in nome del consumismo”. Ci va giù duro Cristiano Ardau, segretario regionale della Uil Tucs. Il tema è quello del lavoro domenicale e festivo dei tantissimi commessi e dipendenti sardi nei grossi centri commerciali. Il tema ha “superato” anche i confini italiani, arrivando nella Città del Vaticano, con papa Francesco che, nei fatti, ha sposato la causa di lavoratori e sindacati: “Il riposo domenicale fa vivere da figli e non da schiavi”. Quale endorsement migliore. “Noi combattiamo in questo senso da almeno 20 anni”, ricorda Ardau, “tenere aperto domeniche e festivi non incrementa il fatturato delle aziende, c’è solo uno spostamento di denaro. Si preferisce accontentare esageratamente la clientela e non si crea nuova occupazione ma, anzi, si scontentano sempre di più i commessi”.
C’è chi trema all’idea di non reggere la mole di lavoro fino all’età della sospirata pensione, chi prende tranquillanti per non impazzire, chi non vede i figli crescere: queste le storie raccontate, proprio in questi ultimi giorni, da Cagliari Online. “Il commercio non è un servizio di pubblica utilità come le guardie mediche o la polizia, realtà nelle quali comunque si fanno turni. È un’anomalia”, osserva Ardau, “figlia di un tempo nel quale si sono persi i valori della famiglia e dei tempi da rispettare, per favorire un consumismo sfrenato. I dipendenti del mondo del commercio, inoltre, da marzo 2015 attendono il rinnovo del contratto nazionale, ma è tutto ancora bloccato”.
Così, anche la Uil Tucs continua la battaglia. Prossimo appuntamento? “Il 22 dicembre, bisogna tenere alta l’attenzione e la visibilità su questi problemi. Non abbassiamo la guardia, vogliamo riportare il commercio a un livello fatto più di valori e, soprattutto, di umanità”.











