Capoterra, Messa per le vittime dell’alluvione: “Arrabbiati ancora”

Le parole del parroco: “A distanza di 5 anni, c’è ancora da arrabbiarsi per quel che è successo: non si puà pensare di lasciare il destino della propria terra nelle mani di altri”


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Si è celebrata alle 17,30 di questo pomeriggio, davanti ad un modesto gruppo di cittadini, la messa in ricordo delle vittime dell’alluvione del 22 Ottobre 2008. La cerimonia, alla quale hanno assistito anche i volontari della Misericordia di Capoterra, si è svolta ai piedi di un grosso pino, accanto alla lapide in onore dei coinvolti. A fare da sfondo alle parole di Don Battista Melis, un cielo greve e assediato dalle nuvole, e le macchine di passaggio sulla Sulcitana.

“Il vero credente per me” ha dichiarato il parroco, “non è colui che si prostra ai piedi di questa lapide e piange. Il vero credente è colui che davanti a questa lapide, dentro di sé si arrabbia, ma si arrabbia veramente!”. Le parole di Don Battista, toccanti come sempre, hanno voluto rimarcare l’importanza che il ricordo di questa tragedia deve occupare nelle menti e nei cuori di tutti i cittadini capoterresi. “Non si può pensare”, ha proseguito Battista, “di affidare il destino di questa terra, la nostra terra, nelle mani di altri. L’impegno per la sua salvaguardia spetta ad ognuno di noi. Vorrei che a cinque anni dall’alluvione, il vostro spirito fosse quello di trent’anni fa, quando felici vi apprestavate a costruire le vostre case, e assieme sognavamo di dare il via ad un modo di vivere migliore”. L’idea originaria, nelle frazioni e nei quartieri periferici, è sempre stata quella di creare una comunità capace di gestirsi, in parte amministrarsi ed evolversi da sola; purtroppo però, parte di quell’idea, e di quel sogno di cui ha parlato Don Battista, è stata spazzata via da un’attitudine, quella di edificare in zone a rischio e pericolanti, che a Capoterra vige fin dagli anni sessanta. Nelle due decadi successive si costruì in maniera affrettata e disomogenea, e le colpe di quella “corsa al mattone” le pagano adesso i residenti, gli alluvionati, le vittime a cui è onorata la lapide. Chissà se le promesse che si sono fatte da cinque anni a questa parte saranno prima o poi mantenute.

Lorenzo Scano


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