Cagliari, stomizzati in rivolta: “Non c’è solo il Covid, siamo dimenticati e senza pensione di invalidità”

L’emergenza virus rallenta anche le visite di chi vive con la sacchetta attaccata al proprio corpo: “Troppe difficoltà, molti di noi non lavorano e vivono con pochi euro nonostante l’invalidità totale: basta, non vogliamo essere più invisibili”


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Un percorso a ostacoli, fatto di visite urgenti che, in molti casi, slittano, e rifornimenti che arrivano non sempre nei tempi previsti. Gli stomizzati in Sardegna sono circa duemila, tanti vivono nel Cagliaritano. Vivere con una sacchetta attaccata al proprio corpo non è facile e, da quando è scoppiata la pandemia, i problemi sono aumentati. Si definiscono “malati invisibili”: nessun riconoscimento pensionistico nonostante un’invalidità spesso totale (cioè al 100 per 100) e, per non farsi mancare nulla, consulti telefonici con gli infermieri nei tanti mesi segnati dalla pandemia. Chiedono un netto cambio di rotta, gli stomizzati, e lo fanno mettendoci la faccia. Oltre alla richiesta di una proposta di legge regionale che li tuteli maggiormente e  l’attuazione di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale ben definito, chiedono un riconoscimento reale della loro patologia.

Annarita Bonfasto, 54 anni, vive a Sestu. Un passato da centralinista del radiotaxi, da quando le è venuto il morbo di Crohn ha dovuto smettere di lavorare: “Non c’è solo il Covid, esistiamo anche noi. Al Policlinico di Monserrato hanno aperto un ambulatorio nuovo, ma per gli appuntamenti siamo sempre in ritardo. Se devo farmi fare una medicazione o, per esempio, cambiarmi le sacche, i tempi di risposta sono lunghi”, spiega. “Ho avuto dei consulti telefonici con gli infermieri, molto disponibili, in alcuni casi la situazione era urgente e, per essere visitata dai dottori, ho dovuto attendere anche una settimana. Normalmente, devo andare per le visite due volte l’anno. La sacchetta sarà per sempre la mia compagna di vita, voglio un riconoscimento da parte dell’Inps perché sono invalida al cento per cento. Prendo solo un assegno da 290 euro, non basta. Devono fare una legge ad hoc per riconoscerci l’invalidità civile, in modo da poter avere almeno seicento euro. Così non si può vivere, dove sono i nostri diritti?”. Loreto Ciappeddu, 69 anni, è di Sassari: “Sono stomizzato da due anni e mezzo, i polipi hanno iniziato a mangiarmi la vescica e il colon, sono stato operato d’urgenza. Lavoravo in ospedale. La Regione deve organizzare una rete oncologica sarda, coordinando tutti i nostri casi e i reparti di chirurgia e urologia. Da ospedale a ospedale i protocolli cambiano”, afferma. “Ho grossi disagi, devo cambiare la sacca sinchè non trovo quella adatta al mio corpo. Manca anche un riferimento per le stomatite, devo andare all’ospedale tre volte l’anno e, in caso di stomia, ho arrossamenti e dolori”.


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