Cagliari, soldi all’associazione fondata dall’ex assessora alla Cultura: nessuna diffamazione

Archiviate dal gip le accuse di Paola Piroddi, esponente Psd’Az della giunta Truzzu che aveva querelato 2 consigliere comunali che avevano criticato la richiesta di finanziamento dell’associazione Atlantide all’assessorato e i giornalisti che avevano raccontato la vicenda. Questi ultimi, per il giudice “si sono limitati a svolgere correttamente il proprio lavoro, che, è espressione dei nostri valori costituzionali, tipici di uno Stato democratico”.


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

Soldi all’associazione fondata e a lungo presieduta dall’ex assessora alla Cultura: nessuna diffamazione. Archiviate le accuse di Paola Piroddi che aveva fatto partire una raffica di querele dopo un post (pubblicato da varie testate giornalistiche) di due consigliere comunali cagliaritane del centrosinistra che avevano puntato l’indice contro la richiesta di finanziamento di un’associazione (Atlantide), fondata proprio dalla Piroddi.
L’ex esponente Psd’Az della giunta Truzzu, aveva querelato le due consigliere dell’opposizione (Francesca Mulas, Progressisti e Camilla Soru, Pd) e diversi giornalisti: l’autore del presente articolo, il direttore di Casteddu On Line Jacopo Norfo (difesi dall’avvocato Salvatore Madau), i direttori dei quotidiani L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna e di altri due giornali on line. Già nel gennaio scorso il pm aveva chiesto per tutti l’archiviazione, ma la Piroddi aveva presentato opposizione al provvedimento. E ieri il gip Michele Contini ha disposto l’archiviazione.
 “Deve considerarsi legittimo”, domanda il giudice, “per un consigliere comunale di opposizione interrogarsi circa l’opportunità o meno che un’associazione “storicamente” e “per anni” presieduta e gestita dall’assessora alla Cultura del Comune di Cagliari proponga un’istanza per ottenere l’erogazione di finanziamenti comunali presso tale assessorato? La risposta non può che essere positiva”.  
Il gip ha inoltre riconosciuto l’interesse pubblico della vicenda e il fatto che le destinazioni del denaro pubblico debbano essere conosciute dai cittadini, ha quindi giustificato le espressioni forti e aspre della critica politica e ha evidenziato che “il re non deve essere solo imparziale,  ma anche sembrare imparziale”. C’è solo una censura (priva però di rilievo penale) circa il fatto che le due consigliere abbiano utilizzato i social network e non l’aula del consiglio comunale come sede della critica politica.

 Quanto ai giornalisti “si sono limitati a svolgere correttamente il proprio lavoro, che, peraltro, è espressione dei nostri valori costituzionali, tipici di uno Stato democratico. Si tratta del diritto all’informazione di ogni cittadino”.


In questo articolo: