Il nucleare, dicevamo. Mentre la Sardegna precipita inesorabilmente e mentre in consiglio regionale la legge che nessuno voleva vola verso l’approvazione, ché poi c’è la finanziaria salva consensi da votare dopo metà anno in esercizio provvisorio, il resiliente Bustianu Cumpostu, portavoce del coordinamento, ha spiegato le ragioni della protesta: “Il rischio del deposito nucleare è il più grave e imminente. Mentre un impianto eolico può essere smontato o una base militare può essere spostata, un deposito di scorie nucleari rimarrebbe per sempre, e con esso la militarizzazione del nostro territorio”.
E dunque, avviata la gara fra cosa è peggio per la Sardegna e stilata la classifica di cosa è meglio fare, e non fare, per farla restare immobile e inefficiente, il gruppo ha ricordato il referendum del 2011, in cui la Sardegna si oppose al deposito delle scorie nucleari, e ha sottolineato che il sit-in odierno vuole essere un richiamo alla mobilitazione popolare, simile a quella che accompagnò le iniziative di NoNucleDie, che riunirono cittadini in diverse piazze, porti e aeroporti della Sardegna.
Il coordinamento ha quindi lanciato un appello a tutto il popolo sardo per difendere il territorio e il futuro della regione. Difenderlo, evidentemente, da ogni possibile forma di futuro.