
Finiscono a processo i due medici già indagati per il suicidio, nel reparto di Psichiatria del Santissima Trinità di Cagliari, di un 58enne dell’hinterland che, arrivato il 21 maggio, era stato trovato senza vita la mattina successiva. Dai riscontri è emerso che l’uomo l’avesse fatta finita utilizzando la cinghia di una serranda della stanza dove era stato ricoverato. Gloria Piras, 65 anni, e Antonio Tronci, di sessanta, entrambi dirigenti medici del reparto di Psichiatria dell’ospedale di Is Mirironis, si dovranno difendere dall’accusa di omicidio colposo. La gip Ermengarda Ferrarese ha accolto le conclusioni e la richiesta di giudizio immediato formulate dal pm Marco Cocco. Piras e Tronci, assistiti rispettivamente dagli avvocati Luigi Porcedda e Massimo Ledda, finiranno davanti al giudice il prossimo ventisette ottobre. Tutto è partito dall’esposto presentato dall’avvocato Ivan Sanna, che ha avuto l’incarico da parte della moglie del 58enne. La donna aveva sostenuto sin da subito che era “inaccettabile” il fatto che la morte fosse avvenuta “proprio all’interno della struttura sanitaria preposta alla salvaguardia dei pazienti psichiatrici”.
Le accuse, tutte da dimostrare nel dibattimento, mosse ai due medici, è che non avrebbero fatto tutto ciò che era possibile per evitare la tragedia. Gloria Piras era in turno dalle sette alle ventuno del 7 maggio scorso e, nonostante una relazione legata a una visita dove venivano rilevate “agitazione psicomotoria, depressione, manie suicidarie” e procedendo al ricovero volontario con diagnosi “psicosi”, avrebbe omesso “di approfondire il tema del rischio di suicidio”, non avrebbe poi provveduto a risolvere il problema della cinghia della serranda nella stanza, “non in tensione”, come segnalato dalla moglie della vittima, “non indicando al personale paramedico lo specifico fattore di
rischio, e, comunque, non verificando che in effetti si fosse posto allo stesso rimedio, né
provvedeva a ricoverare il paziente in diverso ambiente, anche in via provvisoria” e non informando “tutto il personale della presenza in reparto del paziente a rischio suicidario” e, tra l’altro, non ricoverando l’uomo in una stanza dove “fosse più agevole il controllo, anche in considerazione dell’assenza di un sistema di videosorveglianza interno” o ricoverarlo “in una stanza ove fosse garantita la presenza di altro degente e vigilare perché il paziente non potesse accedere a possibili mezzi di autolesionismo e, in particolare, alla cinghia”. Antonio Tronci, in turno dalle 21 del sette maggio alle nove dell’8, “pur avendo ricevuto lettura della cartella clinica del paziente” dalla stessa Gloria Piras, “all’atto del passaggio di consegne tra loro”, dopo aver ottenuto la somministrazione di medicinali, “sapendo e, comunque, dovendo sapere che il rischio di suicidio del paziente
psichiatrico è maggiore nei primi giorni di ricovero”, avrebbe omesso di “procedere agli ulteriori accertamenti di sua competenza e, comunque, anche a prescindere
dagli stessi, alla corretta valutazione dell’elevatissimo rischio suicidario, in relazione al paziente”, “adottare le cautele sopra indicate per la prevenzione del suicidio dello stesso paziente, informare la dottoressa, medico di guardia subentrante per il turno dalle 9 alle 21 dell’otto maggio 2022 a proposito delle circostanze sopra specificate, a lui note, nonché mancando di evidenziarle il rischio suicidario che era tenuto a conoscere in relazione al medesimo paziente”. Il ventisette ottobre prossimo il primo round in tribunale.