Per continuare a lavorare, anche nel suo caso, sarebbe stato sufficiente vaccinarsi o effettuare un tampone ogni 48 ore. Ma Roberto Tanda, cagliaritano 57enne, impiegato nella segreteria legale dell’Agenzia delle entrate di Cagliari, ha deciso di non farsi inoculare nemmeno una dose e, allo stesso tempo, di non farsi nemmeno tamponi. Risultato? Da ieri è sospeso, a casa, senza stipendio. “Per me è un ricatto dello Stato, non può esistere un lasciapassare per lavorare. Durante lo smart working”, precisa sin da subito Tanda, “ho lavorato sempre in ufficio, senza fare mai un giorno a casa. Il paradosso è che dopo 18 mesi sono considerato un untore”. E così, addio busta paga mensile e sveglia da puntare per non fare tardi al lavoro. Piccolo problema, la famiglia: “Devo mantenerla, per adesso vado avanti finchè posso, poi valuterò. Mi sembra assurdo andare a vaccinarsi e dover firmare una liberatoria per eventuali problemi successivi al vaccino. Se non ci fosse nulla da firmare andrei anche domani”, prosegue.
“La mia famiglia sa come la penso e, rispetto a loro, sono isolato. Ma vado avanti pe la mia strada, i tamponi sono l’estrema ratio”. Una scelta comunque dura, che arriva a più di un anno e mezzo dall’inizio della pandemia. I lockdown, le restrizioni e i tanti morti non hanno influito minimamente su Roberto Tanda, che arriva clamorosamente, e incredibilmente, a compiere un ragionamento che profuma di negazionismo: “Terrorismo mediatico fatto apposta per arrivare a questo punto”, questa l’affermazione di un dipendente pubblico senza green pass. Che, per “resistere”, ha già studiato un piano: “Tra ferie e scioperi posso reggere uno o due mesi. Non ho alternative”, conclude. Anche se, doveroso ricordarlo, ci sono: vaccino o tamponi. Non sono obbligatori, ma senza l’uno o l’altro, almeno sino a Capodanno, lo stipendio non arriva più.











