Centomila euro per una caffetteria in via San Benedetto, aperta da oltre mezzo secolo e segnata come “redditizia”, 135mila per un’altra in un punto non distante, piazza Giovanni XXIII, non certo periferia di Cagliari. Ancora: 38mila per avere tra le mani un bar di via Tola, centotrenta novemila per una caffetteria in via La Vega larga sessanta metri quadri e 16500 per quaranta metri quadri già arredati di tutto in via Scano. La lista è più lunga, ma bastano questi casi, tutto di bar in vendita, per comprendere che, forse, anche il rito della colazione fuori o della pausa pranzo flash con tramezzino e aranciata è abbastanza in crisi. Colpa di bollette, di aumenti dei prodotti, della guerra? Ognuno sa il fatto suo ed è clamoroso che in una città storicamente votata al commercio Cia sia chi preferisce vendere attività food come i bar.
Gli annunci sono pubblici, nessuna invasione di chissà quale eventuale privacy imprenditoriale: prezzi e foto si trovano sul web e sul Marketplace di Facebook. E spicca addirittura un caso che non può non fare riflettere: all’angolo tra via Dante e via Cervi un bar ha cambiato gestione tre volte in un anno. Nessuna vendita, solo affitto: chi si è avvicendato ha cambiato arredamento e marchio di caffè, ma non è bastato per evitare il tracollo.









