Nel rione cagliaritano del Cep sconvolto per la molestia subìta da una bambina di dieci anni due giorni fa, è sufficiente guardare gli occhi dei residenti e dei pochissimi lavoratori per sapere, già prima che aprano bocca, cosa stanno per dire. La sorpresa di una violenza, non la prima, avvenuta nel quartiere, non è tanta. Tra palazzoni, tanti, e negozi, pochi, quel riscatto che facesse uscire il Cep dall’isolamento e dalla “periferia” non c’è stato. O, se c’è stato, non ha portato i frutti sperati. Una parrucchiera, due panifici, una tabaccheria e un’agenzia, più l’edicola e un bar, sono le uniche attività che reggono. Qualcun altro ha abbassato la serranda da tempo: se la crisi batte forte in pieno centro, figurarsi sotto i portici di via Flavio Gioia. E la droga, soprattutto, non è mai sparita da quell’area di Cagliari che collega le zone centrali con Pirri. Francesco Piras, in via Volta, ha cercato una sua oasi personale. Impagliatore di sedie sin da giovane, nel suo piccolo laboratorio trascorre le giornate senza chissà quali scossoni: “Più controlli nel rione dopo la ragazza molestata? Sì, ultimamente ho visto passare pattuglie molto sporadicamente, la sicurezza non è il massimo. Hanno anche chiuso dei campi sportivi, non c’è socializzazione”, spiega. “Nel parco c’è spaccio di droga, bene o male continua a girare, lì credo ci siano più controlli. I tempi bui sono passati e quanto accaduto alla bambina credo che, alla fine, lo sappiano ancora in pochi. Ogni tanto fanno retate proprio nel parchetto dov’è avvenuta la molestia, ma non fanno interventi per debellarli del tutto”. I pusher, ovviamente. “Qui, se uno ha voglia di lavorare può ancora farcela”, conclude.
E don Luigi Xaxa, parroco del quartiere: “Il rione soffre una situazione uguale a quella di altre zone. La molestia alla bambina? L’ho scoperto dal giornale, sono episodi rari”. Quattro, per la precisione, quelli raccontati da altrettante donne che hanno denunciato alle forze dell’ordine di essere state seguite e molestate, in piena notte, negli ultimi tre anni. “Sono diminuite le richieste di aiuto da quando c’è il reddito di cittadinanza, ora il Governo vuole toglierlo e non sappiamo come andrà a finire. Non ci sono matrimoni e battesimi, aumentano i funerali. Siamo ancora una periferia”, afferma il religioso, guardando verso i portici con le tante serrande abbassate: “Anche se qualcuno che ha iniziato una nuova attività c’è”. Ma è chi vive al Cep che soffre di più: “Spesso vengono i vigili del fuoco per problemi nelle case popolari, il Comune potrebbe fare di più”. Cep violenta? “Rispetto al passato la situazione non è cambiata molto. Ma servono più controlli, come in tutte le periferie. Siamo sempre stati chiamati così: periferia”.










