Cagliari, i ricciai pronti alla guerra: “Ci state togliendo il lavoro, non vogliamo il reddito di cittadinanza”

Lo stop alla pesca del riccio fa infuriare i pescatori, sia storici sia nuovi, che vivono grazie alle vendite a Su Siccu e nei ristoranti: “Riccio a rischio estinzione? No, magari è in sofferenza. Con i soldi della Regione avremmo tremila euro a stagione, meglio andare a rubare. Dobbiamo portare il pane a casa, basta chiacchiere e soluzioni pessime: sappiamo fare solo questo lavoro, sarà una grande battaglia”. GUARDATE le VIDEO INTERVISTE


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Come una mazzata, una mattonata sulla testa. È questo l’effetto provato da tutti i ricciai quando hanno saputo dello stop alla pesca del riccio per tre anni in Sardegna. A pochi giorni dall’inizio della stagione di vendita, i mesi in arrivo saranno gli ultimi, per loro, con la possibilità di proporre la tanto prelibata polpa a Su Siccu. E la “contropartita” prevista, ovvero essere pagati per le pulizie dei fondali marini, ha l’effetto di farli arrabbiare ancora di più. Si dicono “pronti alla guerra”, senza se e senza ma. C’è chi ha 60 anni e vende ricci da una vita, chi sta per spegnere quaranta candeline sulla torta di compleanno ed è cresciuto in una famiglia di pescatori di ricci, riuscendo poi a mettersi in proprio. Si prospettano ore infuocate, insomma. Michele Puddu, ricciaio 40enne, è netto: “Sono assolutamente contrario alla chiusura totale della pesca. La Regione faccia uno sforzo, siam pronti a pescarne solo due ceste e le altre due ci verranno rimborsate dalla stessa Regione. Un milione e 200mila euro stanziati per pulire i fondali, divisi tra le 186 autorizzazioni, tolti i barcaioli, significa avere tremila euro a testa a stagione: cosa ci faccio? Non voglio il reddito di cittadinanza, sono un lavoratore e voglio lavorare. Siamo pronti a tutto, sarà una grande guerra e una grande battaglia”, urla Puddu. Accanto a lui c’è un altro ricciaio, Piero Argiolas, cagliaritano doc, 55 anni: “Lavoro solo 5 mesi all’anno e ho quattro figli, non possono bloccarmi tutto. Nei due anni di pandemia ho lavorato, in totale, solo quattro mesi. Mi stanno portando al punto di delinquere per dar da mangiare alla mia famiglia”, sostiene, “il mio è l’unico stipendio che entra in casa”. Molto arrabbiato anche Giuseppe, di “casa” a Su Siccu da 35 anni: “La Regione dimezzi le ceste anzichè schiacciarci. Sinora ho sentito solo chiacchiere, pian piano vogliono farci fuori. Non posso cambiare mestiere da un giorno all’altro, ho 58 anni. A questo punto”, dice, a malincuore, “è meglio reddito di cittadinanza”.
Contrario al reddito del Governo e allo stop alla pesca sino al 2024, ovviamente, Natalino Fois: “Da 28 anni pesco ricci, ho fatto sempre solo questo mestiere. Perchè stanno bloccando la pesca solo in Sardegna? Non è vero che il ministero vuole bloccarci, pretendo che la stagione inizi il primo novembre e termini il 30 aprile, è sempre stato così? Reddito di cittadinanza? Sono 600 euro, che ci faccio? Mi conviene andare a delinquere”, afferma, netto, il pescatore. Pronto alle barricate anche Graziano Milia, ricciaio 60enne: “Dalla Regione un passo in avanti motivato dal nulla, parlano di un’estinzione che non c’è, al massimo il riccio è in sofferenza. Negli anni siamo passati da sei a tre ceste. Chiedo la rottamazione delle licenze, chi vuole smettere smette e gli altri continuano con una raccolta del riccio ridotta. Aspettiamo ancora i duemila euro dei ristori”, ricorda, “avevamo pure sviluppato insieme ai biologi marini un metodo per la ripopolazione del riccio in cattività, e ci eravamo riusciti. Per essere maturo, un riccio ha bisogno di 5 anni, è chiaro che noi pescatori non possiamo attendere tutto questo tempo senza fare nulla. Inoltre, nelle aree marine protette so che continuano a pescare ricci, gli abusivi. Però gli unici controllati e multati continuiamo a essere noi”.


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