Cagliari, i pensionati protestano in piazza: “Macché buona sanità, tempi biblici per una visita”

Dopo la fine del lockdown i pensionati pronti a un sit in sotto la sede dell’assessorato regionale della Sanità: “Aiutiamo figli e nipoti e paghiamo l’Irpef ma non abbiamo dimenticato le lotte degli anni Settanta per una sanità pubblica e universale”


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

I pensionati di Cagliari si preparano a scendere in piazza per una protesta sotto l’assessorato regionale della Sanità. Un flash mob, quello organizzato dall’Unione sindacale di base Usd, che arriva a pochi giorni dalla fine del lockdown legato al Coronavirus. Cartelli e fischietti sono pronti a fare la loro ricomparsa martedì 26 maggio. Dai ritardi nelle visite mediche alla richiesta di una sanità più efficiente, passando per i “tagli dei posti letto” e la “chiusura di presìdi sanitari nei piccoli centri”, sono molti i temi sul tappeto. C’è una lettera, inviata al presidente della Regione Christian Solinas e all’assessore regionale della Sanità Mario Nieddu, scritta dal responsabile di Cagliari dell’Usb, Enrico Rubiu. Eccola, di seguito.

“Il re, per dirla con Andersen, s’è mostrato nudo davanti a questa pandemia che ha afflitto il mondo intero, l’Italia ed in modo marginale la nostra Regione. Noi siamo convinti che questa nudità non è da addebitarsi al caso “cinico e baro” ma a scelte politiche liberiste messe in atto da governi nazionali e a cascata, dalle giunte regionali che si sono succedute in tutti questi anni e sulle orme delle quali abbiamo fondati timori Lei intende proseguire. Scelte che hanno finito per denudare “il re” che boriosamente governi di tutti i colori cercavano di far accreditare come se non il migliore almeno uno dei migliori del mondo. Una affermazione che, noi anziani, che ci siamo fatti carico in questi ultimi dieci anni, di sopperire ai tagli nel welfare contribuendo ai bisogni di figli e nipoti; che abbiamo contribuito all’economia statale subendo mancati adeguamenti di perequazione delle pensioni e pagando tutti l’IRPEF (non c’è evasione fiscale fra i pensionati); che abbiamo assistito al taglio di 37 miliardi di euro nella sanità pubblica con 70000 posti letto persi e 359 reparti chiusi negli ospedali; che pazientemente abbiamo subito tempi di attesa biblici per una visita specialistica non abbiamo esitato a denunciare in tempi non sospetti: diciamo prima dell’apparizione del tristemente famoso Covid 19. Lo abbiamo fatto a mezzo stampa, con qualche raro incontro che Lei, signor Assessore ci ha concesso e lo avremmo fatto se lei avesse risposto alla nostra richiesta di incontro fattale il giorno 6 dicembre del 2019. E così l’affermazione che veniva ripetuta come un mantra, quella della sanità migliore del mondo, ha finito per poter essere paragonata alla famosa favola di Esopo: quella della rana che volendo somigliare al bue e gonfiando il petto oltre misura muore a causa dello scoppio dei polmoni. Noi pensionati , Assessore, non abbiamo dimenticato le lotte condotte negli anni ’70 per una sanità pubblica ed universale. Non abbiamo dimenticato le lotte condotte per una sanità che coprisse tutti i territori anche quelli meno accessibili e più svantaggiati mediante misure di prevenzione e di medicina diffusa. Nel contempo non possiamo ignorare che negli ultimi decenni, in nome di assurde logiche di austerità si è invertita la rotta, privilegiando politiche che hanno finito con l’impoverire la sanità pubblica mediante tagli dei posti letto, mancanza di ricambio del turn over del personale, chiusura di presidi sanitari nei piccoli centri ecc. Il risultato, insomma, di una strategia di privatizzazione di lungo periodo, in cui è stata privilegiata l’ospedalizzazione rispetto alla prevenzione, sulla base di un ragionamento economicamente banale e sanitariamente devastante: la prevenzione costa, l’ospedalizzazione rende. Le nostre RSA, (Rappresentanze sindacali aziendali) RSU (Rappresentanze sindacali Unitarie), ben prima del manifestarsi di questa pandemia, denunciavano carenze di personale nei reparti, la precarizzazione del personale, la mancanza di materiale protettivo, e spesso non hanno trovato nessuno disposto ad ascoltare e quando sono stati ascoltati, le risposte sono state inadeguate. Il risultato del mancato ascolto di queste lagnanze e delle mancate misure di prevenzione è stato il collasso del sistema ospedaliero e la morte di molti medici, infermieri e Oss.”


In questo articolo: