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Cagliari, Emanuele Cioglia primo laureato della nuova laurea magistrale in Storia dell’Arte

di Valeria Putzolu
23 Luglio 2024
in cagliari

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Cagliari, Emanuele Cioglia primo laureato della nuova laurea magistrale in Storia dell’Arte

La tesi è stata una ricerca fotografica sull’attività a Cagliari dei due fratelli fotografi Stefano e Carlo Cioglia, “rispettivamente mio padre e mio zio. Attraverso i loro scatti hanno raccontato la città, i cagliaritani e le cagliaritane per oltre un cinquantennio, dagli anni Sessanta ai primi quindici anni del Duemila”. Romanziere, fotografo, grande uomo di cultura e classe della Cagliari che parla e ha tanto da raccontare attraverso la sua storia e la sua arte, inimitabile, raffinata e da custodire e tramandare in tutte le sue molteplici sfaccettature. Consigliere uscente della Municipalità di Pirri con la delega alla presidenza della commissione Cultura e Istruzione, e che, anche se non ufficiale, potrebbe ricoprire lo lo stesso ruolo nella nuova consiliatura, Cioglia cominciò a pensare all’argomento di tesi nella primavera del 2023.

“Visitai a maggio il museo Thyssen di Madrid, restando impressionato da una retrospettiva sull’opera di Lucian Freud1. Scrissi un messaggio alla professoressa Rita Pamela Ladogana, dichiarandomi affascinato dal tratto del pittore realista inglese.

Tentennai, perché avevo già deciso di dedicare la mia ricerca ai fratelli fotografi Stefano e Carlo Cioglia, rispettivamente mio padre e mio zio. Lei si disse appassionata dell’opera di Freud, però mi lasciò carta bianca, facendomi intendere che andavano bene entrambi gli argomenti. Fu così che tornai all’idea iniziale.

Le perplessità, onestamente, derivavano, prima di tutto da una serie di interrogativi: sarei riuscito a essere imparziale scrivendo di loro? E poi, avrei reperito abbastanza materiali per una tesi di tipo magistrale? Avevano, Stefano e Carlo Cioglia, tanto peso specifico nel panorama dell’arte contemporanea in Sardegna da dedicargli la ricerca?

Ragionando su queste tre domande, mi risposi di sì.

Iniziai quindi con l’andare a casa di mio padre a Frutti d’Oro, dove tra la mansarda e il suo studio biblioteca, potevo trovare e consultare i materiali utili ad una prima ricognizione.

Siccome sapevo che lui aveva collezionato negli anni migliaia di cartoline e stampe d’epoca, e non meno erano i suoi “scatti” autografi, capii subito che dovevo dapprima svolgere un’analisi di tipo selettivo, senza escludere né gli uni né gli altri. Notai i pannelli poggiati in un angolo della mansarda, con le foto di due delle tre mostre allestite nel primo quindicennio degli anni Duemila. Di primo acchito non sapevo neanche di quali delle due si trattasse. Lo scoprii nel corso di una mattinata trascorsa con Anna Marongiu, la compagna di mio padre, che seppe poi orientarmi nel riordinare la selezione di immagini e documenti inseriti in questo lavoro.

Riguardo ai pannelli, acclarammo che si trattava di: Tenui figure e accennati risi del 2011, e Gente felice che vive nell’azzurro. Di Nostos ritorno del 2007, riuscimmo, invece, a reperire delle stampe “sciolte”.

Sempre coadiuvato da Anna, cercai e recuperai i fogli di presentazione, le locandine, e tutto il materiale documentale utile a ricostruire i percorsi delle mostre e della ricerca in generale.

Ovviamente, fotografai con la reflex tutto quello che ritenni utile. Occorsero tre giorni soltanto in questa prima fase di raccolta e riproduzione di informazioni e materiali.

Di seguito dovevo pensare a Carlo”. Un lavoro meticoloso sfociato “Tra costante resistenziale, creazioni identitarie, Cagliari come opera aperta, rimozione delle colpe, primi vagiti glocal del femminismo, e istallazioni al MUACC contro il femminicidio”.

“Quella che mi accingo a raccontare, è una storia minima e massima insieme, tra arte, vita, ma anche viceversa. Una storia di giovani che volevano cambiare il mondo, e, che con la fotografia, tentarono di tradurlo artisticamente, secondo la propria fantasia e i loro ideali.

Si parte da Cagliari, Sardegna, il nostro piccolo sandalo in mezzo al mare, che diventa spazio universale con la globalizzazione, ma universale anche nell’agire umano che sembra avere un imprinting simile ovunque. Stefano e Carlo Cioglia vissero e operarono tra le temperie del Dopoguerra e il Duemila inoltrato. Entrambi cercarono di esprimersi artisticamente, tramite diversi temperamenti e attraverso stili che si contaminarono a vicenda restando però distinguibili”.  Una storia intensa, ricca di emozioni raccontata tra scatti e immagini.

“Nella seconda metà degli Anni Sessanta, a Cagliari come nel resto d’Italia, d’Europa Occidentale, e naturalmente degli Stati Uniti, si diffuse un palese antifascismo e una spiccata ventata di femminismo. In qualche modo una presa di posizione netta e antagonista, rispetto ai rischi di rigurgiti autoritari. Io stesso ricordo degli slogan anche violenti e crudi che ebbero radici allora: «FASCISTA, CAROGNA, RITORNA NELLA FOGNA! LA FIGA È MIA E LA GESTISCO IO!».

Come su scritto ho rinvenuto in uno scantinato in viale Merello, vecchi cartelli con slogan risalenti probabilmente alla sine degli Anni Sessanta. Li ho ritrovati fissati ad aste di legno per essere ben visibili durante le manifestazioni. Anch’essi rientrano in questa ricerca, perché Carlo raccontò per immagini molti di quei cortei.

Glocal è un neologismo chiave per comprendere che le atmosfere di Cagliari a cavallo degli Anni Sessanta e Settanta, che ebbero corrispettivi in tanti altri Paesi e città del mondo. Ad esempio, Miriam Shapiro e Judy Chicago, che nel 1971 «diedero inizio al Feminist Art Program al California Institut of Art di Valencia»16, esperienza culminata l’anno successivo con Womanhouse, uno spazio per mostre temporanee a Los Angeles che secondo la stessa Judy «fondeva collaborazione, produzione artistica individuale ed educazione femminista per creare un’opera monumentale di soggetto apertamente femminile»”.

Tags: Cagliari
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