Le serrande abbassate dal centro alla periferia di Cagliari riguardano un po’ tutti i settori lavorativi. Da chi vende abbigliamento a chi propone primi e secondi sino a chi impartisce lezioni a pagamento: negozi, ristoranti e scuole private sono sbarrate almeno sino al tre aprile prossimo per l’emergenza Coronavirus. E, se almeno finora i fallimenti sembrano essere scongiurati, si devono fare già i conti con le lettere di casa integrazione. Senza più nessun guadagno, in tanti hanno già inoltrato la domanda per consentire ai propri dipendenti di non “affogare”. E, se il Governo Conte ha previsto l’impossibilità di licenziare nei prossimi due mesi, da un po’ di giorni è partita la corsa alle richieste di cassa integrazione. Gianni Benevole, esperto di Diritto del lavoro, sta seguendo costantemente l’evolversi della situazione: “Ci sono già molte lettere con la richiesta di cassa integrazione spedite, dal settore del commercio a quello dell’istruzione, per esempio, cioè di
scuole private che contano anche un centinaio di dipendenti tra personale docente e non docente, dagli asili fino alle superiori”. La musica non cambia nemmeno “per i ristoratori e chi gestisce mense”. Tutti a casa, sino a nuovo ordine, con il salvagente della cassa integrazione.
Ma, stando all’analisi dell’avvocato Benevole, il peggio potrebbe arrivare a emeegenza terminata: “Le aziende, prima o poi, dovranno riaprire e molte, purtroppo, soprattutto in passato, anziché venire incontro ai propri dipendenti hanno fatto di tutto per mettere i bastoni tra le ruote, soprattutto alle giovani madri. Spero vivamente che il periodo di emergenza per Coronavirus non venga utilizzato da qualcuno per poi fare dei licenziamenti o operazioni di spoil system”.










