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Il riconoscimento del principio di precauzione in materia ambientale è una delle più rilevanti conquiste nel campo del diritto ambientale per migliorare la qualità della vita e del territorio, nonché della conservazione degli ambienti e delle risorse naturali.
L’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) afferma che “la politica dell’Unione in materia ambientale … è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga»”.
Per gli Stati membri “le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell’ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell’Unione”.
Gli Stati membri – fra cui l’Italia – hanno, quindi, la facoltà di adottare misure cautelari per la salvaguardia di ambiente e salute.
In Italia il principio di precauzione è analogamente codificato dall’art 3 ter del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i. (Codice dell’ambiente).
E’ il caso, senza dubbio, della tecnologia 5 G (acronimo di 5th Generation), complesso di sistemi di telefonìa mobile e cellulare di avanzata efficienza e velocità, con applicazioni potenzialmente estesissime.
Ma quali sono gli effetti su ambiente e salute?
Da un lato, rispetto alle tecnologie precedenti, la rete 5G si caratterizza per la gestione a fasci di onde EM molto più direzionali e dedicate al singolo utilizzatore. A causa dei fasci rapidamente variabili, l’esposizione media a segnali 5G appare molto più bassa rispetto a quella che si avrebbe per analoghi segnali di tipo 4G, ma si verificano valori di picco più elevati in brevi periodi temporali (inferiori a 6 minuti) “direzionati” sugli utenti del servizio, come indicato dall’A.R.P.A. Piemonte (La tecnologia 5 G, 4 giugno 2020).
Sia l’Istituto Superiore di Sanità (Rapporto ISTISAN 19/11, 2019) che il Comitato scientifico della Commissione Europea su salute, ambiente e rischi emergenti (Rapporto Statement on emerging health and environmental issues, 2018) ritengono che siano necessari approfondimenti per “la mancanza di chiare evidenze utili allo sviluppo di linee guida per l’esposizione ai campi elettromagnetici 5G che lascia aperta la possibilità di effetti biologici indesiderati”.
Si chiede, quindi, l’applicazione del sacrosanto principio di precauzione.
Invece, la Commissione europea si è disinvoltamente dimenticata (per non dire altro) del principio di precauzione: in applicazione della direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, il Regolamento di esecuzione (UE) 2020/1070 della Commissione del 20 luglio 2020 consente ai gestori delle reti con tecnologia 5 G l’attivazione di “punti di accesso senza fili di portata limitata” senza alcuna autorizzazione preventiva, ma solo con un obbligo di successiva comunicazione.
La politica europea concernente l’applicazione della tecnologia 5 G (Comunicazione della Commissione al parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni, Dispiegamento del 5G sicuro – Attuazione del pacchetto di strumenti dell’UE, 29 gennaio 2020) rappresenta un chiaro esempio di aggiramento del principio di precauzione in materia ambientale.
Prima si inizia ad attuare, poi si vedranno gli effetti su ambiente e salute pubblica.
E l’Italia?
La delibera AGCOM n. 231/18/CONS dell’8 maggio 2018, Allegato, indica i 120 Comuni italiani di media/piccola grandezza interessati dalla sperimentazione della tecnologia 5 G, a cui si aggiungono 5 città (Milano, Bari, Prato, L’Aquila, Matera) in base a un bando nazionale e Torino, che fin dal 2016 aveva stipulato uno specifico accordo con una società di gestione telefonica.
Il c.d. decreto-legge “Semplificazioni”, il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, prevede (art. 38) che i Comuni “non potranno introdurre limitazioni alla localizzazione sul proprio territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualunque tipologia e non potranno fissare limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici diversi rispetto a quelli stabiliti dallo Stato“.
Stop, quindi, alle ordinanze comunali contro la sperimentazione della tecnologia 5 G, giunte a circa 500.
Però il Governo Conte non ha minimamente pensato a introdurre quelle necessarie cautele previste dalla stessa normativa comunitaria e nazionale per dar corpo al principio di precauzione in assenza di una qualche certezza (o almeno elevata probabilità) di assenza di effetti negativi per la salute pubblica.
Nulla.
E, così, in maniera strisciante la tecnologia 5 G inizia ad avere esecuzione nelle nostre città.
A Cagliari, per esempio, in meno di un mese si è passati dall’assenza di alcuna sperimentazione (“Cagliari non è stata candidata per la sperimentazione della rete 5G“, 1 luglio 2020) al ruolo di città “capofila nella sperimentazione di sistemi a tutela della salute dei cittadini” (30 luglio 2020).
Insomma, la situazione ambientale e sanitaria potrebbe anche divenire preoccupante, ma non diventerebbe mai seria…
Stefano Deliperi per il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus