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Cagliari, accuse e veleni a Ethnikà: “La bandiera della Russia che uccide i bimbi ucraini non doveva esserci”

di Paolo Rapeanu
21 Giugno 2023
in cagliari, zapertura1

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La festa dei popoli nel parco cagliaritano di Monte Claro termina con uno strascico molto polemico, destinato a durare a lungo. Il motivo? La presenza di uno stand russo con tanto di bandiera ufficiale. Un particolare che ha fatto infuriare, non poco, i tanti ucraini presenti. In un video si vede il gestore del gazebo sventolare la bandiera russa e gridare più volte “Urrà, urrà, urrà. Noi non vi stiamo disturbando, non disturbateci voi. Sono Manuel Cherchi, sardo, libero ed espongo quello che voglio”. Ha cercato di fare da paciere anche Ahmed Naciri, organizzatore dell’evento, ma senza troppa fortuna. Alla fine lo stand russo è rimasto aperto sul prato di Monte Claro, ma le polemiche sono numerose: “Con profondo rammarico, la comunità ucraina in Sardegna, insieme alle associazioni “OCI” (Organizzazione Cittadini Immigrati) e USUP (Ucraina Sardegna Uniti per la Pace) vuole constatare, attraverso il presente comunicato, che nell’isola si verificano sempre più avvenimenti dediti a supportare e incoraggiare la divulgazione della propaganda russo-putiniana di legittimazione all’aggressione militare in Ucraina.In passato la comunità russa in Sardegna, ha organizzato presso la città di Cagliari, diversi eventi in sostegno della politica di espansione russa, ha manifestato utilizzando simboli del fascismo russo chiamato “rascismo” e glorificando la politica di Putin di conquista dei territori ucraini e di sottomissione del popolo ucraino che lì abita. Gli stessi attori hanno preso parte alla Festa dei Popoli “Ethnikà” svoltasi il 17 giugno, generando l’ennesima provocazione verso il popolo ucraino. Durante la fase di pianificazione dell’evento, gli organizzatori della Festa hanno assicurato alle associazioni ucraine che avrebbero partecipato, attraverso accordi verbali, di non esporre né bandiera, né simboli che potessero propagandare la politica del Paese aggressore, tali promesse sono purtroppo venute a mancare, creando momenti di tensione tra le due comunità che a stento sono state arginate solo attraverso la mediazione delle forze dell’ordine chiamate”.
“In questa sede, si vuole non solo affermare con grande dispiacere il mancato supporto, mediazione e solidarietà da parte degli organizzatori dell’evento stesso, ma anche attestare il dilagarsi nell’isola di manifestazioni propagandistiche a favore dell’invasione militare russa in Ucraina. Si ricorda che la bandiera presidenziale russa esposta rappresenta Vladimir Putin su cui pende un mandato d’arresto internazionale per la deportazione di migliaia di bambini ucraini in Russia. Si coglie però l’occasione per ringraziare qualsiasi organizzazione, ente o cittadino sardo che, in questi ultimi mesi difficili ha aiutato, ascoltato e supportato l’Ucraina. Per fare onore agli sforzi di chi è stato a fianco, con ogni mezzo a propria disposizione, alla resistenza ucraina contro l’invasione russa, la comunità ucraina ha deciso di non abbandonare Ethnikà in segno di protesta, bensì continuare l’evento per mostrare la cultura ucraina alla Sardegna che ci accoglie e ci ospita”. A dirlo sono il presidente dell’associazione OCI Volodymyr Stepanyuk e il presidente dell’associazione Ucraina Sardegna Uniti per la Pace, Serhiy Mozhovyy.
LA REPLICA – “Da più di un decennio nella città di Cagliari si svolge una colorata e deliziosa manifestazione Ethnikà, il cui scopo è l’interazione dell’integrazione e semplicemente una buona convivenza dei rappresentanti di tutte le minoranze etniche che vivono sull’Isola, la conoscenza della cultura e della cucina di diversi paesi. Fin dall’inizio e per più di 10 anni, la diaspora dalla Russia ha preso parte alla festa dei popoli. Questa volta la sua partecipazione si è conclusa con una controversia imposta dai rappresentanti della diaspora ucraina”, afferma Manuel Cherchi, che è anche presidente di Dissenso Nazionale, “contro la mia volontà, sono diventato il protagonista di questa controversia e di un’evidente manipolazione politica. Mia moglie russa, insieme ad altri rappresentanti della diaspora russa, quest’anno è diventata per la prima volta membro di Ethnikà, offrendo ai visitatori la possibilità di assaggiare la cucina russa. Prendo subito atto che c’è stato un accordo verbale con gli organizzatori dell’evento in merito alle bandiere nazionali: o vengono montate da tutti o da nessuno, in modo che non ci siano discriminazioni e inutili discussioni politiche. Allo stand russo, così come in altri stand, inizialmente non c’era la bandiera nazionale. Ma anche allora, i rappresentanti della diaspora ucraina hanno cominciato a girargli intorno a caso, lanciando sguardi dispiaciuti e commenti imparziali. Le loro azioni provocatorie sono state deliberatamente ignorate. Dopo qualche tempo, una bandiera nazionale è apparsa sullo stand ucraino e gradualmente altri partecipanti all’evento hanno iniziato ad appendere le loro bandiere. Abbiamo fatto anche questo, osservando gli accordi verbali e semplicemente il principio di giustizia. Per molto tempo la bandiera russa è rimasta appesa senza disturbare nessuno: né gli organizzatori né gli altri partecipanti alla manifestazione. Ma non appena mia moglie, una donna fragile e minuta, è rimasta sola dietro il banco dello stand, gli altri partecipanti si stavano preparando a esibirsi sul palco, un gruppo di ucraini si sono subito avvicinati allo stand, dietro il quale c’erano diverse donne con i telefoni pronti per le imminenti riprese video dell’attacco “eroico” a una donna russa indifesa. L’aggressione verbale e le minacce “se non togli questa bandiera avrai dei problemi”. Sì, mi sono alzato in piedi per difendere la mia famiglia, mia figlia minorenne era nelle vicinanze, cercando con le buone maniere di convincere i rappresentanti arrabbiati dell’Ucraina a ricordare lo scopo pacifico della manifestazione. Sono stato aiutato in questo dalla protezione civile e, poco dopo, dalla polizia. È stata chiamata, noto, non da noi, ma a quanto pare dagli stessi istigatori dello scandalo. L’incidente era finito, ma dopo la pubblicazione del video, avevo alcune domande per gli organizzatori di Ethnikà e per gli iniziatori della provocazione contro la posizione russa. Perché gli organizzatori, che prevedevano la possibilità di tali incidenti, non hanno annotato le condizioni per la partecipazione all’evento? Cosa non è piaciuto ai partecipanti ucraini, la bandiera russa o la partecipazione della diaspora russa? Voglio ripetere ancora una volta quello che ho detto nel video pubblicato. Io, Manuel Cherchi, sardo, nella mia terra dove sono nato e cresciuto, farò ciò che ritengo necessario, proteggerò mia moglie e rispetterò la bandiera dello stato dove è nata e cresciuta. Almeno perché nel futuro di mia figlia nessuno possa vietare l’esposizione della bandiera della Sardegna, proprio per questo, ad esempio il colore della pelle dei mori raffigurato sulla bandiera sarda non corrisponde ai gusti o agli interessi politici di qualcuno. Punto e basta”.
Tags: bandieraCagliariethnikà
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