Ha iniziato col circo ed è andato avanti, ormai da decenni, con le sue giostre, Bruno Pani, 67enne di Serramanna. Ha piazzato autoscontri, tiro a segno e gonfiabili in molte piazze della Sardegna, sino al 2019. Poi è arrivato il Covid. E il divertimento è finito, lasciando spazio alla disperazione: “Non lavoro da due anni, i ristori della Regione non sono arrivati e sinora ho usato le risorse che avevo, ma sono finite”. Casse e tasche vuote, quindi. Un’intera famiglia sarda che ha vissuto dei biglietti staccati per far divertire gli altri è, ora, alla fame, o quasi: “Vado a cenare dai parenti, mi stanno aiutando i miei familiari. Ho cinque figli, tutti lavorano nel mondo delle giostre. Cosa farò? Concorrenza ai ladri, mi dovrò arrangiare. Non voglio il reddito di cittadinanza, è umiliante per uno che vuole lavorare, non voglio nemmeno pensarci. Sono io”, afferma, con fierezza, “che devo dare soldi allo Stato. Chiedo solo di farci lavorare, a meno che non vogliano che diventi tutto un mondo di ladri”. Estremizzazioni, ovviamente, dettate dalla disperazione del giostraio.
Dalla Regione, intanto, non è ancora arrivato nessun segnale su una data certa per i ristori. E Bruno, come tutti gli altri suoi colleghi, ha solo un desiderio: “Lavorare nuovamente. Non voglio e non vogliamo altro, è l’unica risorsa che abbiamo e che ci resta”. Anche perchè, sennò, “cosa mangio?”.












