di Paolo Rapeanu
Cibo di “scarsa qualità” quello, a detta di alcune mamme, preparato dalla società che rifornisce di pasti una scuola elementare di Assemini. E allora, per ovviare al problema, i genitori di due bambini hanno iniziato a preparare il pranzo per i figli a casa. E arrivano i problemi: “Nonostante le diverse pronunce giurisprudenziali a favore del pasto da casa in mensa di 17 sentenze del in altrettanti Comuni, la sentenza del Consiglio di Stato, la Nota del Sian (Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione) di Cagliari, il Miur, le diffide legali nei confronti della dirigente scolastica e la nota del garante dell’infanzia, due bambini di 9-10 anni sono stati discriminati sia dalla dirigente scolastica che dalla responsabile del Comune di Assemini, costringendoli a consumare il pasto da casa in un’aula dalle non consone condizioni igieniche sanitarie per pranzare, separati dai propri compagni di classe e dalle insegnanti”, così si legge nella lettera inviata dalle mamme dei bambini coinvolti, entrambi, ovviamente, minori.
“La discriminazione fa scalpore quando si tratta di bambini con la pelle di colore
diverso o appartenenti a classi sociali disagiate, mentre nessuno si preoccupa di due bambini che vengono emarginati proprio a Scuola, l’Istituzione che dovrebbe garantirne la tutela sempre e comunque. Il bullismo è un reato che include discriminazione e isolamento: che siano poi gli adulti a bullizzarli è sicuramente ancora più grave. Ma ancora più grave il fatto che complici di tale discriminazione siano la scuola insieme al Comune. È da rilevare che solo ad Assemini le istituzioni impediscono un diritto già sancito e ribadito più volte dagli organi competenti. È palese la violazione dei diritti degli alunni che optano per il pasto domestico, condannati al consumo del pasto in aula e privati di una struttura scolastica, il refettorio, evidentemente riservata solo a chi fruisce del servizio, facoltativo”.













