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Allarme povertà e salute: nell’Isola 130 mila indigenti, un terzo dei sardi non ha i soldi per curarsi

di Ennio Neri
18 Gennaio 2024
in sardegna, zapertura

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Povertà e sanità che non funziona. Un terzo della popolazione sanitaria non ha il denaro a sufficienza per curarsi e rinuncia, e Sono 130 mila le persone bisognose. E’ il quadro drammatico illustrato oggi dalla Cisl che ha presentato alla Regione proprie proposte.

Tra gli obiettivi, la lotta alle povertà e per un lavoro garantito e dignitoso rappresenta, anche nel 2024 una priorità ineludibile, documentata dal numero notevole delle persone e dei nuclei familiari che vivono in una condizione di povertà assoluta, relativa o di scarsa disponibilità di risorse finanziarie e materiali.

In Sardegna, sulla base di alcuni indicatori quali tasso di disoccupazione, ammortizzatori sociali straordinari ed in deroga, e di una valutazione empirica, il numero di famiglie senza reddito da lavoro supera il numero di 120mila su un totale di circa 700mila (726.348) famiglie. Da tenere in considerazione che l’incidenza della povertà relativa delle famiglie nell’Isola riguarda un numero di circa 124.205 unità (17,1%).

Il ricorso alle prestazioni sociali in Sardegna è un indicatore importante per valutare non solo l’entità della disoccupazione, ma pure il livello delle difficoltà delle famiglie e della povertà, e comunque della inadeguatezza del reddito individuale e familiare per una vita dignitosa.

Si prendano ad esempio le domande di NASPI (Nuova Prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego) che nel 2021 erano 74.641 e nel 2022 89.741, un dato importante in attesa dei nuovi riguardanti il 2023. Inoltre, alla riduzione del tasso di disoccupazione, fa da contraltare l’aumento dei lavoratori inattivi con una percentuale del 47,1%, rispetto al 43,2 del dato nazionale.

Anche le pensioni, per la gran parte, hanno importi al di sotto dell’indice di povertà relativa. In una fase come l’attuale caratterizzata da un alto tasso di inflazione, dai costi altissimi delle bollette energetiche, dall’aumento costante dei beni di prima necessità, le diverse tipologia di pensioni non consentono alla gran parte delle famiglie di fare fronte a tutti gli impegni e in primo luogo alle esigenze di prima necessità, per fare un esempio, esclusa la gestione dei dipendenti pubblici, in Sardegna, le pensioni di vecchiaia sono 187.699 con un importo medio mensile di 1.136,62, quelle di invalidità 37.642 con un importo medio mensile di 660,63, le pensioni ai superstiti sono invece 91.232 per un importo medio mensile di 612,16, le pensioni – assegni sociali 31.208 con un importo medio mensile di 462,09, le pensioni per gli invalidi civili sono 126.362 con un importo medio mensile di 430,73. Il totale delle pensioni arriva dunque a 474.143 per un importo medio mensile di 762,73.

Per la preoccupante situazione sociale e del lavoro nell’Isola è indispensabile rafforzare il “Piano Povertà”, approvato per il triennio dalla Regione a maggio del 2022, ma insufficiente a far fronte a tale emergenza, con i suoi circa 61mln di euro, largamente da incrementare. Anche considerando poi le risorse provenienti dai Fondi comunitari, l’ammontare complessivo da utilizzare per la lotta alla povertà è ancora nettamente insufficiente, considerato che nell’Isola sono intorno alle 130mila le persone in condizioni di grave deprivazione materiale (come attestato dalla stessa RAS sulla base dei dati ISTAT).

 

La salute delle persone e il diritto alla prevenzione e cura è oggi un’altra delle criticità più importanti, e si intreccia, per la dimensione di questo fenomeno, con la questione sociale e la lotta alle povertà. Infatti, disoccupazione, precarietà, bassi salari e pensioni insufficienti rendono ancora più difficile l’accesso di vaste categorie sociali al sistema sanitario di prevenzione e protezione. La sanità rappresenta il vero differenziale di impegno prioritario e strategico che deve caratterizzare l’attività di tutta la politica per rafforzare e migliorare complessivamente il sistema di tutela della salute dei cittadini, in tutti i territori.

La pandemia e i suoi effetti collaterali hanno inoltre acuito le difficoltà del sistema sanitario e le opportunità di fruizione del diritto alla prevenzione e cura. La pandemia ha infatti evidenziato le notevoli debolezze del nostro sistema sanitario e socio-sanitario, depotenziato da anni di razionalizzazione e di contenimento, sul versante del finanziamento e dei servizi, da continue riorganizzazioni, riduzioni del personale, piani di rientro, accorpamenti e tagli di presidi che ne hanno ridotto la capacità di risposta ai bisogni di salute. Così aumenta il fenomeno della migrazione sanitaria oltre Tirreno che costa circa 87mln di euro o ancor peggio il tasso di rinuncia alle cure (1/3 della popolazione sanitaria), a certificare l’urgenza di rafforzare e implementare le politiche sociali e socio-sanitarie.

In Sardegna queste scelte si sono peraltro concretizzate in un sistema tutt’altro che ottimale, incidendo ancora più pesantemente sia sul sistema ospedaliero che sulla medicina territoriale. Tutto ciò obbliga oggi, ancora di più e primariamente, la Regione Sardegna e lo Stato, a invertire la rotta, avviando scelte tempestive e utili a garantire i fondamentali principi di universalità, uguaglianza ed equità, in un sistema che si basi sulla salute e il benessere, attraverso la prevenzione e la cura e nell’ambito della rete dei servizi territoriali e ospedalieri. A queste povertà materiali si aggiungono nell’Isola le povertà derivanti dalle insufficienti competenze e dal deficit formativo, e dunque l’urgenza di investire nell’istruzione, nella formazione e in tutta la filiera della conoscenza, per sostenere una nuova fase di sviluppo e per tentare di ridurre la disoccupazione, soprattutto quella giovanile.

La popolazione 15-29 anni, né occupata né inserita in un percorso formativo o di istruzione, è in Sardegna al 21,4% (NEET); in Italia la percentuale è del 19%. I giovani che lasciano la scuola, senza un adeguato titolo di studio, sono il 25,1%, in Italia il 18,1%. Il tasso di partecipazione al sistema di formazione e istruzione, nella fascia di età 15-29 anni è in Sardegna all’80,1%, in quella 20-29 anni al 18,9%. Investire nella scuola significa superare le insidie del nuovo dimensionamento scolastico e quindi non tagliare ma creare valore e contenuti per dare maggiore offerta e avanzamento sociale nei territori.

 

 

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