Alberto di Lillicu: “Ristorante a Cagliari sempre chiuso a cena, rispetto le regole ma voglio più aiuti”

I soldi del Governo insufficienti e l’aria della protesa al grido di “il 15 gennaio io apro” dei suoi colleghi che nemmeno lo sfiorano, ad Alberto Zucca, ristoratore della Marina: “Certe proteste non portano a nulla. Sono privo di entusiasmo e senza forze psicologiche: non c’è una via d’uscita da questa tragica situazione”


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I coperti, in netto calo rispetto al 2019 e ai primi due mesi del 2020, li fa tutti a pranzo, Alberto Zucca, titolare di Lillicu nel rione cagliaritano della Marina. A cena tavoli vuoti a causa delle regole imposte dal Dpcm del Governo. Che sta per varare quello nuovo, attivo dal prossimo sedici gennaio: e la regola dei ristoranti in semi-lockdown sarà pienamente confermata. Zero coperti dalle 18 in poi, affari giù come il morale ma nessuna voglia di dover aprire il portafoglio per pagare multe: “Troppa ansia, sapere che da un momento all’altro possono arrivare pattuglie dele Forze dell’ordine e multarti non è il massimo. I miei clienti, poi, non verrebbero. Dobbiamo chiedere aiuti veri e più efficaci, non due o tremila euro che finiscono subito”. E la crisi mina anche il corpo e lo spirito di Zucca: “Sono completamente svuotato e privo d’entusiasmo, senza forze psicologiche: non vedo nessuna via d’uscita veloce da questa situazione, serviranno mesi e mesi”. E, col rischio delle casse integrazioni in ritardo, o addirittura, proprio inesistenti, il ristoratore cerca di salvare anche i suoi dipendenti: “Faccio fare a tutti, a turno, mezza giornata di lavoro, così non rimangono a casa”.
Un gesto sicuramente nobile, tuttavia la situazione di forte crisi non lascia presagire quasi nulla di buono: “Voglio aiuti veri, non ho ricevuto l’ultima tranche di dicembre e comunque, quanto è arrivato, è insufficiente. Posso solo immaginare in quali condizioni possano trovarsi i miei colleghi che non hanno fatturato nulla”, osserva Zucca: “A questo punto, converrebbe farci chiudere veramente. Tanto, ormai, siamo tutti alla disperazione”.


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