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Tornare in classe a ottobre anziché a settembre: è la proposta lanciata da diverse associazioni di docenti e sindacati che chiedono al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di rivedere il calendario scolastico prolungando ulteriormente la pausa estiva in scuole che spesso gelano d’inverno e bollono d’estate perché non attrezzate, tra termosifoni spenti e ventilatori o condizionati che mancano, a far fronte al caldo e al freddo e ancor meno a stagioni estreme come quelle che stiamo vivendo. Proposta-incubo, però, per i genitori che, se lavoratori, esauriscono ben prima del rientro ordinario le ferie e sono comunque schiacciati dai costi insostenibili di centri estivi e vacanze studio.
E’ il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani a insistere sull’opportunità di attendere un mese ancora “visti i cambiamenti climatici in corso e il forte caldo che ha caratterizzato i mesi estivi”. Per questo il Cnddu (questa la sigla) ha scritto al presidente della Società italiana di pediatria, Annamaria Staiano, al presidente della Federazione italiana medici pediatri, Antonio D’Avino, e al presidente dell’Associazione nazionale pedagogisti, Maria Angela Grassi, chiedendo un parere scientifico sull’opportunità di posticipare l’avvio dell’anno scolastico.
La Società italiana di medicina ambientale propone aperture differenziate tra Nord e Sud: “Lo scorso anno si sono registrati mancamenti e malori tra gli studenti specie del sud Italia in tutto il mese di settembre, dovuti al caldo eccessivo nelle aule – spiega il presidente Alessandro Miani – Il fenomeno delle ondate di calore sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici, con possibilità del protrarsi di temperature fino a 36 gradi centigradi fino al mese di ottobre, non può essere trascurato o peggio ignorato. Bisogna fare i conti con la realtà e ad oggi il buon senso suggerirebbe di lasciare chiuse le scuole al sud-Italia fino all’equinozio di autunno, che cade tra il 21 e il 23 settembre, allo scopo di tutelare il benessere psico-fisico degli alunni”.
Le ragioni dei contrari non sono poche. Nessuna famiglia va in vacanza tre mesi l’anno, figuriamoci quattro. Anzi, assieme a Lettonia e Malta, l’Italia ha già una delle pause estive più lunghe d’Europa. Per questo, davanti alla proposta di allungare ulteriormente le vacanze, i genitori si sono infuriati per diversi motivi: i costi dei centri estivi (o delle vacanze stesse) o delle baby sitter sono sempre più elevati, non tutti possono contare sui nonni o sul famoso “villaggio” in cui crescere i figli e conciliare il lavoro e la famiglia crea difficoltà a volte enormi e acuisce le disparità sociali.
Contrario pure il Codacons. “La proposta rappresenterebbe – se attuata – la mazzata finale per le famiglie. Di idee strampalate se ne ascoltano tante, ma quella di prolungare la pausa estiva in un Paese che ha già le più lunghe ferie scolastiche tra i principali Paesi europei, e senza neanche l’ombra di soluzioni per i genitori che devono tornare al lavoro, è davvero una proposta campate per aria e irricevibile”, dichiara il presidente Carlo Rienzi.
Ovvio che l’unica soluzione ragionevole è quella di dotare le scuole italiane di impianti di condizionamento, ormai necessari: un investimento in civiltà che nessuno ha mai fatto finora e che probabilmente mai nessuno farà.
Intanto, i primi a tornare sui banchi saranno i cittadini dell’Alto Adige, a scuola dal 5 settembre. Poi toccherà al Trentino il 9, seguiranno marche, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Umbria, Valle D’Aosta e Veneto l’11. Il 12 sarà la volta di Campania, Lombardia, Molise, Sardegna e Sicilia. Ultimi Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Liguria, Lazio, Puglia, Toscana il 16 settembre. O almeno così dicono i calendari regionali; le singole scuole hanno però la facoltà di anticipare le riaperture.