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La preoccupazione è reale e gli interventi non più rimandabili. Per il deputato di Forza Italia, Pietro Pittalis l’attuale impasse del governo di fronte al pericolo di infiltrazioni mafiose in Sardegna rischia di provocare dei problemi molto seri. Una situazione a cui occurre porre rimedio in tempi rapidissimi prima che degeneri.
Le riflessioni di Pittalis, che ha presentato sullo scottante argomento una interrogazione a risposta scritta al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, scaturisce dall’analisi della relazione sull’attività svolta e sui risultati raggiunti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel secondo semestre del 2019 presentata lo scorso 17 luglio dallo stesso ministro al Parlamento.
“Fra i numerosi aspetti toccati, la relazione, con specifico riferimento alla Sardegna, evidenzia come “le particolari caratteristiche della cultura sarda, influenzata dalle vicende storiche che ne hanno determinato lo sviluppo sociale e delle tradizioni, costituiscono ostacolo per il radicamento delle organizzazioni criminali di tipo mafioso […] Tuttavia, vale la pena di osservare come rimanga alto il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto economico-sociale isolano, che potrebbe essere favorito anche dalla presenza, in diverse carceri sarde, di detenuti per delitti di mafia in regime di cui all’art. 41 bis 2° comma o.p. ovvero di Alta Sicurezza 3”, dice Pietro Pittalis.
Nondimeno, prosegue la relazione, “seppur in assenza di evidenti radicamenti delle note organizzazioni di tipo mafioso, la criminalità regionale ha stabilito rapporti con le prime, soprattutto in relazione al settore degli stupefacenti, al riciclaggio ed al reinvestimento dei capitali illecitamente acquisiti, che interessano principalmente il settore turistico-immobiliare, trainante, secondo l’analisi di Unioncamere, per l’economia dell’Isola”.
L’attenta lettura e analisi del documento solleva tutta una serie di criticità e interrogativi per il deputato azzurro che con l’interrogazione depositata chiede subito al ministro che chiarisca “quali orientamenti intenda assumere, per prevenire e contrastare lo sviluppo delle consorterie già esistenti fra le organizzazioni di tipo mafioso e la criminalità locale, in settori vitali dell’economia sarda, quali il turismo e gli immobili, o rispetto a reati di grave allarme sociale, quali quelli legati agli stupefacenti. La lotta all’infiltrazione mafiosa non può essere certo lasciato solo alla pur straordinaria cultura sarda, da sempre contrassegnata da forti radici identitarie”, rimarca.
“Ugualmente centrale, poi, è che il Ministro chiarisca come si concili l’allarme lanciato nella relazione, circa il rischio che l’infiltrazione mafiosa sia catalizzata dalla presenza di molti mafiosi nelle carceri sarde, e la prossima apertura del nuovo padiglione del carcere di Uta destinato ai condannati in regime di 41-bis. Circa 110 i boss mafiosi che saranno raccolti nella nuova struttura, che doveva essere pronta fin dal 2013 e che già ha suscitato negli anni asprissime polemiche. I numeri, infatti, sono davvero sbalorditivi: con l’operazione Uta i capimafia in Sardegna diventeranno 202, 110 a Cagliari e 92 a Sassari. Quasi un terzo dei detenuti in regime di 41-bis saranno nell’isola, sui 700 complessivamente presenti nelle carceri italiane. Una vera e propria Caienna francese, rivisitata in chiave sarda. Con una semplice differenza, quell’isolotto divenuto celebre per la detenzione più dura al largo della costa della Guyana francese era un deserto grande appena 14 ettari. Non è così per la Sardegna, regione insulare, con un milione e 650 mila abitanti e un’estensione di 24 mila km quadrati. Non un isolotto desertico in mezzo al mare”, sottolinea il parlamentare nuorese che poi aggiunge.
“Questi aspetti appaiono francamente incoerenti, e delle due l’una: o esiste un totale difetto di coordinamento, all’interno del Ministero e fra le diverse articolazioni che se ne occupano, fra politica penitenziaria e politica di contrasto alla mafia; oppure si è ritenuto che il rischio d’infiltrazione mafiosa fosse accettabile, o peggio che la Sardegna fosse sacrificabile. Entrambe le alternative sono, ad ogni evidenza, inaccettabili.
Tutto ciò premesso, si chiede al Ministro interrogato: quali orientamenti intenda assumere, alla luce della relazione sull’attività svolta e sui risultati raggiunti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel secondo semestre del 2019, rispetto al nuovo padiglione del carcere di Uta, per i detenuti in regime di 41-bis”.