Uta, allarme rosso nel carcere: “Troppi detenuti psichiatrici che spaccano celle e minacciano gli agenti”

Personale all’osso e costretto a fare i conti con uomini, con disturbi mentali, che dovrebbero trovarsi altrove. La denuncia del Sappe: “Sono stati chiusi gli ospedali psichiatrici giudiziari senza trovare una valida soluzione su dove mettere chi li affollava: vanno riaperti”


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Dopo Nuoro e Sassari, ora è la volta del penitenziario di Uta: “Il penitenziario, da diverso tempo, sembrerebbe in scacco per opera di detenuti che attendono di essere ritradotti nelle loro sedi in quanto terminata l’osservazione psichiatrica”, spiega il segretario regionale del Sappe, Luca Fais. “Oltre questo, anche altri due detenuti con diverse problematiche di natura psichiatrica continuano a minacciare quotidianamente il personale di Polizia Penitenziaria e distruggere le celle, nonostante vengano spostati ogni volta che compiono tali gesti. Non essendo più ubicabili in nessuna sezione detentiva compreso la sezione isolamento, la direzione ha appoggiato i facinorosi come ultima soluzione le celle dei nuovi giunti della matricola. Anche in questo caso non mancano le minacce e i continui tentativi di compiere gesti di violenza”. Il Sappe denuncia che “questa situazione sta compromettendo la salute psicologica dei poliziotti che quotidianamente subiscono tali eventi. Ne sono la riprova le continue assenze per malattia. Turni già massacranti a causa di continui piantonamenti ospedalieri ed in aggiunta la situazione venutasi a creare. E ora di dire basta e attendiamo una risposta concreta da parte dei vertici nazionali, essendo il provveditore reggente sordo a tali richieste fatte dalla direzione, con il trasferimento di questi 3 detenuti psichiatrici in altre strutture diverse da quelle sarde. L’intervento è necessario onde scongiurare qualche evento che potrebbe compromettere l’incolumità dei poliziotti, ricordando che il piano ferie estivo è alle porte ed il personale è ridotto e non potrebbe reggere ancora questi eventi”. Da Roma, il segretario generale del Sappe Donato Capece informa che il prossimo 19 giugno si recherà nuovamente in Sardegna, “confidando che i vertici nazionali nominino immediatamente un provveditore che si occupi della situazione drammatica che vivono le carceri sarde”.
Capece, segretario generale del sindacato, sottolinea che, a seguito della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, moltissime persone con problemi psichiatrici sono ristrette nelle carceri del Paese e spesso proprio loro si rendono protagonisti di gravi eventi critici come quelli accaduti ad Uta: “Il disagio mentale, dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, è stato riversato nelle carceri, dove non ci sono persone preparate per gestire queste problematiche, mancano strutture adeguate e protocolli operativi. La polizia penitenziaria non ce la fa più a gestire questa situazione e nei prossimi giorni valuterà se indire lo stato di agitazione. L’effetto che produce la presenza di soggetti psichiatrici è causa di una serie di eventi critici che inficiano la sicurezza dell’istituto oltre all’incolumità del poliziotto penitenziario. Queste sono anche le conseguenze di una politica miope ed improvvisata, che ha chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari senza trovare una valida soluzione su dove mettere chi li affollava. Gli ospedali psichiatrici giudiziari devono riaprire, meglio strutturati e meglio organizzati, ma devono di nuovo essere operativi per contenere questa fascia particolare di detenuti”. Per Capece, infatti, “da quando sono stati chiusi gli opg le carceri si sono riempite di detenuti affetti da gravi problemi psichiatrici. Ormai in ogni carcere decine e decine di detenuti con gravi problemi psichiatrici vengono ospitati normalmente nelle sezioni detentive, e spesso sono ubicati nelle celle con altri detenuti che non hanno le stesse difficoltà. Di conseguenza, i poliziotti penitenziari, oltre a essere costretti a gestire la sicurezza delle carceri in grave carenza di organico, come avviene in Sardegna, devono affrontare da soli questi squilibrati senza alcuna preparazione e senza alcun aiuto. Non è corretto soltanto ammettere l’esistenza della questione dei detenuti con problemi psichiatrici e poi far solo finta di aver risolto un problema che invece sta esplodendo sempre di più nella sua drammaticità”. Il Sappe evidenzia infine come questi detenuti sono responsabili di “vero e proprio vandalismo all’interno delle celle, dove vengono disintegrati arredi e sanitari, ponendoli nella condizione pure di armarsi con quanto gli capita per le mani e sfidare i poliziotti di vigilanza. Oramai questi detenuti sono diventati una vera e propria piaga in diversi penitenziari e per la loro gestione sarebbero necessari trattamenti specifici all’interno di comunità terapeutiche. Il carcere non può custodire detenuti di questo tipo, a meno che non vi sia un notevole incremento di organico della polizia penitenziaria e di specialisti di patologie psichiatriche”.


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