Un archivio ci distruggerà. Forse…

“La presunta storia vera di Giulia e Giulio”, Arkadia Editore: l’autoanalisi del potere e i rimorsi di chi sta al comando nell’ultimo romanzo di Giovanni Follesa, nota voce di Radio X. Questa sera alle 18.30 presentazione alla Libreria Il Bastione, in Piazza Costituzione 4


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di Giulio Neri

Sono gli archivi l’incubo del Potere: finché ci sarà chi incasella documenti riservati (e chi sa mettersi a cercarli), nessuno nell’Olimpo degli dei è immune alla caduta. Eppure, il confine tra smascheramento e confessione non è così marcato. C’è una casistica anche letteraria di delitti perfetti in cui sembra configurarsi l’insostenibilità di questa “perfezione”: l’assassino che non ha lasciato tracce e che si è mosso calcolando rischi e conseguenze, alla fine, decide di tradirsi; e quand’anche fosse la ragion di stato a imporgli il delitto, il peso dei rimorsi è sempre lì. Certi ufficiali nazisti, dopo anni di esilio e nuova identità, si presentavano ancora devastati da manie e tic nervosi, alcolizzati, pronti a suicidarsi. Non basta aver agito in piena convinzione: è il tempo a sgretolare ogni certezza ideologica e a svelare la sacralità della vita.

L’esercizio del potere, con l’assoggettamento e talvolta l’eliminazione dell’avversario, rimanda a un processo e a una condanna ineluttabili. E in “La presunta storia vera di Giulia e Giulio” Giovanni Follesa affida l’istruttoria e il dibattimento a due gemelli che, preparando la tesi di laurea, si alleano per condannare il padre, un ex giudice. Sarebbe un caso di microstoria psicologica con ribaltamento dei ruoli, un dramma familiare, insomma – ma è chiaro fin dall’inizio che l’imputato ha avuto un ruolo politico di spicco, e che «il bunker», il suo archivio personale, contiene documenti fondamentali per leggere e comprendere il periodo di transizione culminato in un golpe bianco.

“La presunta storia vera di Giulia e Giulio” è ambientato in un futuro prossimo (nel 2032), per cui i personaggi procedono a ritroso nell’analisi dei fatti cruciali che hanno portato l’Italia al regime soft, senza parlamento e con il Papa sfrattato in Sud America. Il gusto prospettico e il tratteggiamento di una possibile deriva nazionale consentono a Follesa di indagare il presente e il recente passato italiano quasi mai citando gli uomini più influenti; ma il lettore potrà riconoscerli senza particolari difficoltà: è anche questo il “gioco” romanzesco. E nella vicenda di una famiglia di magistrati (i gemelli preparano la tesi congiunta usufruendo dell’archivio paterno) si delinea un’epopea del Diritto e il suo impazzimento. C’è da uccidere il drago e pervenire a una purificazione; ma il rischio, in fondo, è che sia un mero passaggio di consegne, perché anche l’innocenza – va da sé – ha una data di scadenza.