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Le sue origini si fanno risalire al periodo punico, V secolo avanti Cristo, quando il porto, approdo fenicio davanti alla laguna di Santa Gilla, fu lentamente abbandonato a favore del sito prospiciente la collina di Castello dove con molta probabilità fu edificata un’acropoli.
La linea marittima di allora raggiungeva l’attuale via Roma lato portici mentre più estesa era anche la laguna che raggiungeva l’odierna stazione delle ferrovie dello Stato e fu forse l’unico quartiere a non essere completamente abbandonato in periodo Giudicale.
Quando Santa Igia divenne la capitale del Giudicato, il porto conservò una qualche attività che riprese in pieno dal 1216 con i pisani che ne fecero il loro sbocco al mare naturale per importare ed esportare merci provenienti dal distretto avuto in concessione dal giudice Barisone (Castello, Selargius, Quartu, Sestu, Assemini).
Con la distruzione di Santa Igia e la caduta del giudicato di Calari nel 1258, Marina ebbe un notevole impulso e circondato da mura costituiva il cordone ombelicale con la madre patria Pisa.
Lo scalo fu reso funzionale e difeso da una palizzata realizzata con pali lignei di grosso diametro infissi sul fondale per impedirebbe irruzioni improvvise di visitatori non graditi.
Fu chiamata in periodo romano Bagnaria è in quello aragonese “La Pola” per prendere il nome attuale Marina solo nel XVI secolo con gli spagnoli. Il suo tracciato nonostante gli apporti di nuove costruzioni nella via Roma rimane quello di impronta catalana con strade strette dove il sole fatica ad entrare e piccole piazze per sfruttare al meglio è intensivamente gli spazi a disposizione. Con i pisani e gli aragonesi fu residenza dei lavoratori portuali e altri che, costretti a uscire al tramonto dalla rocca di Castello, trovavano ricovero nel quartiere che abbondava di laboratori artigianali specializzati in assistenze navali e non mancavano magazzini e spacci per le merci in arrivo o in partenza.
Le sue mura furono abbattute alla fine del 1800 è la città di Cagliari lo assorbì completamente non cancellando però il suo tipico tracciato storico e l’impronta iberica.
Ai primi del ‘900 il rione vide il moltiplicarsi di botteghe e uffici legati alla marineria e al porto. La via Roma diventò il salotto buono della città e la domenica, con la banda cittadina che suonava, era meta di tanta gente che proveniva anche dal’hinterland cagliaritano. Si facevano le “vasche”, andata e ritorno, da viale Regina Margherita al Largo, si notavano molte famiglie complete e molti fidanzati “ufficialmente” scortati da genitori o fratelli e sorelle di lei. Allora Il quartiere non era separato dal porto e i cagliaritani vi circolavano liberamente e usavano ammirare i molti velieri all’ancora. Poi nel 1943 una recinzione, per questione di sicurezza e degna di un campo di concentramento, fu costruita dagli americani e divise il porto sottraendolo alla città e al quartiere al quale apparteneva da secoli. Poi dopo un lunga querelle quella odiosa recinzione fu abbattuta ma la continuità con il porto non fu la stessa di prima della guerra. Il quartiere scivolò in un grave degrado dagli anni ‘70 agli anni ’90 e oggi assistiamo alla sua rinascita legata alla movida e alla grande concentrazione di ristoranti, ma anche al grande cambio generazionale che ha visto chiudere i negozi tradizionali dei cagliaritani sostituiti da quelli degli extracomunitari dello Sri Lanka, soprattutto.
Oggi via Roma sta diventando di nuovo il salotto buono della città e Marina uno dei più frequentati rioni storici.