Il grosso sospiro di sollievo porta una data e un orario: 12 novembre 2020, ore 18:48 e due secondi. Tutto stampigliato su un documento ufficiale di un laboratorio privato di Cagliari che, su una bimba di cinque anni, ha eseguito un tampone rinofaringeo Covid-19: esito negativo. Ad urlare di gioia è una giovane mamma di Sinnai, Sabrina S., 37 anni. Che, dopo quasi un mese, ha visto dissolversi in un battito di ciglia un lungo incubo. La piccola risultata negativa è sua figlia: “Il 21 ottobre è stata male, non respirava in modo corretto. L’ho portata dal pediatra”. Dalla visita è emersa “una saturazione dell’ossigeno a 94 e una broncopolmonite. Ha subito avvisato l’Ats, segnalando il caso, per sottoporre mia figlia al tampone. Nel frattempo, mi ha anche prescritto una terapia a base di antibiotico”. I giorni passano, il telefono della donna non squilla: “Ho chiamato tante volte l’Ats, senza nessun esito. Il pediatra mi ha detto di stare tranquilla, prima o poi mi avrebbero contattata, d’altronde aveva fatto la segnalazione”. Al nono giorno, la svolta: “Mi hanno finalmente risposto al telefono”. E l’incubo “cresce”: “Non hanno voluto fare il tampone perchè il medico, nella segnalazione, non aveva scritto che mia figlia fosse entrata in contatto diretto con un soggetto positivo. In effetti, non si può sapere con certezza”, osserva la mamma: “Mi hanno pure detto che i tamponi disponibili erano pochi”. La telefonata si conclude con un nulla di fatto.
“Mia figlia ha dovuto rispettare ventuno giorni di quarantena. Al ventiduesimo giorno ho chiamato uno dei laboratori privati che effettuano anche tamponi. Cinquanta euro di spesa, esito fortunatamente negativo ma tanta rabbia”, afferma la donna. “Non tanto per i soldi spesi, quanto perchè i tamponi dovrebbero essere garantiti a tutti, tanto più se c’è la segnalazione del medico. E magari, visto che siamo nel bel mezzo di una pandemia, renderli sempre gratuiti alle fasce più deboli, come gli anziani e i bambini”.












