Una domenica al mare trasformata in un’odissea. Marco, operaio sardo e padre di famiglia, voleva solo regalare ai suoi figli una giornata spensierata sulla costa. Invece si è trovato a pagare 14 euro di parcheggio, camminare per chilometri sotto il sole e lottare per un pezzo di sabbia libera tra stabilimenti deserti ma invalicabili. “Ci stanno togliendo anche la dignità e la voglia di andare al mare”, ha denunciato con amarezza. Il suo sfogo ha fatto rapidamente il giro del web, scatenando una vera e propria bufera di commenti. Tantissimi sardi si sono riconosciuti nelle sue parole, raccontando esperienze simili e denunciando una situazione che, secondo molti, ha ormai superato il limite. “Siamo arrivati al punto che bisogna chiedere il permesso in casa nostra per fare spazio ai turisti”, scrive un utente indignato. “E se provi a lamentarti ti viene detto che portano soldi. A noi, però, rimane ben poco. I gestori, poi, sono quasi tutti continentali”. “Sono pienamente d’accordo. Da sarda che ancora gira con la sua umile borsa frigo, ombrellone e asciugamano, mi ritrovo a pagare una follia per un parcheggio. Dobbiamo prenotare spiagge che sono nostre o passare una domenica di stress anziché goderci l’unico giorno libero. Questo non è vivere in Sardegna. Abitiamo in un paradiso e dobbiamo pure pagare per godercelo”.
“Lo Scoglio di Peppino è diventato squallido! Nulla a che vedere con gli anni in cui era uno dei posti più belli, e solitari, della costa di Castiadas. Hanno permesso questo scempio in nome di un turismo deleterio. Non sono contenti i turisti, non sono contenti i sardi. Stabilimenti fino al mare, una spiaggia che prima era lunghissima ora è invasa. Ci torno solo a giugno o a ottobre, quando quell’orrore di ombrelloni, gazebi e troni da Cleopatra spariscono”. C’è anche chi denuncia la violazione delle norme: “Ci sono stata proprio ieri. È una vera indecenza. Non hanno lasciato nemmeno lo spazio previsto per legge vicino alla battigia. Sei costretto a camminare in acqua”. Un altro racconto colpisce per l’assurdità: “Anni fa, nel bar del resort (il bar era sulla spiaggia) mi hanno rifiutato un gelato perché non avevo la tessera. La barista era imbarazzata, ma non ha potuto farci nulla. Il gelato era per mia figlia. Ero incredula”. “Volevate il turismo? Eccovi serviti! La Sardegna non è più nostra. Ah ma ha portato soldi… a chi? A noi li ha tolti! Tutto è carissimo, non abbiamo più diritti. E non solo sulle spiagge: anche i locali hanno alzato i prezzi alle stelle, tanto i turisti i soldi ce li hanno”. La frustrazione è palpabile: “Concordo pienamente, ormai quasi tutte le spiagge sarde sono invase da stabilimenti. E visti i prezzi, spesso restano vuoti. Bisogna rivedere le concessioni e ridurle sensibilmente”. E infine, la proposta: “Siamo noi a fare il prezzo. Basta bloccare concessioni e stabilimenti per un’estate: vedrai che tanti falliranno e rinunceranno. Le spiagge torneranno libere. La stessa cosa sta accadendo in altre regioni. È il momento di riprenderci ciò che è nostro”. Il malcontento cresce e si fa sempre più corale: tanti sardi chiedono rispetto, controlli e un equilibrio che permetta davvero a tutti di vivere il mare senza sentirsi stranieri nella propria terra.












