In Sardegna per le regionali si vota il prossimo febbraio, cioè domani. Le grandi manovre per la conquista di Villa Devoto sono iniziate, quelle sottotraccia almeno, con una certezza: di tutto si parla tranne che di Sardegna, di programmi, di strategie vere, di futuro. L’unico argomento è esattamente quello che agli elettori non interessa e per cui si è allontanato dalla politica: la spartizione del potere. Il Cencelli delle candidature e gli equilibrismi dei consensi. La granitica certezza che il candidato presidente spetta al partito che ha preso più voti, in questo caso alle politiche di settembre: principio giusto in teoria, se solo fosse preceduto da una selezione fatta di competenze e capacità e programmi. Invece, è tutto un calcolo voti alla mano. E se non sei capace? Tranquilli, ci pensa il pronto soccorso romano.
E così, il centrodestra per le elezioni del 2024 ha due strade: trovare un candidato che non sia né Solinas né Truzzu per sparigliare le carte, oppure “scegliere” proprio uno dei due, a quel punto quasi certamente il secondo e fare la campagna elettorale puntando esclusivamente o quasi sulle facce dei big nazionali. Una strategia scelta da Berlusconi quando nel 2009 candidò Cappellacci, da Salvini nel 2019 per far vincere Solinas completamente sparito da palchi e cartelloni e che porterà la premier Meloni il prossimo febbraio in Sardegna per trainare la coalizione. A quel punto, il candidato poco importa, alla faccia dell’autonomia e dell’identità, strumentalmente sbandierate però appena possibile, e la Sardegna per qualche settimana balzerà in cima ai discorsi e alle priorità del governo, per essere poi ovviamente e come sempre dimenticata per i 5 anni successivi.
Per il centrosinistra, le cose sono più complicate. Intanto, il Pd deve dire cosa fare con i 5 Stelle, e viceversa: è chiaro che già questa scelta decide se provare a vincere o decidere di perdere. Nonostante l’abolizione del reddito di cittadinanza, certo riesumato con altri nomi e sotto altre forme ma non più targato 5 Stelle, sia stato un duro colpo, i grillini nell’isola ancora esistono e resistono. Ammesso dunque che l’alleanza ci sia, si aprirà lo psicodramma per la scelta del candidato: a chi spetta? a chi ha più voti in Sardegna o a Roma? E i sondaggi contano? Insomma, roba da perderci anni, altro che la manciata di mesi disponibili. Poi ci sono tentazioni di ritorni e ricicli, e speranze di riuscire a tirar fuori dal cilindro un candidato wow che sparigli le carte e faccia il botto.
Su tutto, c’è la Sardegna. E ci sono i sardi. Che meritano programmi e progetti e capacità, anche solo per poter sperare.









