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Da Foggia a Cagliari, nel 1969. Un posto sicuro nelle fila della polizia stradale, quello ottenuto da Raffaele Cantatore, e tanti anni di onorato servizio. Sino all’inizio degli anni Ottanta: “Dovevo farmi prelevare il sangue, ero donatore abituale. Il mio medico curante ha scoperto che avevo contratto il virus dell’epatite C”, e da lì è iniziato il calvario del 74enne: “Purtroppo, tanti anni fa, i feriti li prendevi e li portavi dentro le automobili dirette all’ospedale senza nessun tipo di protezione”. Insomma, manco l’ombra di un paio di guanti, “ecco perché il mio fegato è stato colpito”. E la morte era più di un remoto rischio, anzi.
“Sono andato al centro trapianti di Modena, ma anche lì non arrivava nessun organo compatibile”. Sino al colpo di genio dei dottori: “Il trapianto tra viventi. Ho una sorella e tre fratelli, uno di loro è risultato compatibile e allora gli hanno staccato un pezzetto di fegato, trapiantandomelo nel 2002. Stiamo entrambi bene, oggi, la prima cosa che abbiamo fatto dopo l’intervento è stata abbracciarci fortissimo e scoppiare in pianto”. Decisamente liberatorio
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