Progetto Eleonora, al Tar la Saras strappa il rinvio della decisione

Trivelle ed esplorazione del metano ad Arborea, una fumata grigia oggi al Tar


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Questa mattina si è aperta l’udienza al Tar Sardegna, seconda sezione, in seguito al ricorso presentato dalla Saras S.p.a. per sospendere l’archiviazione della Valutazione d’impatto ambientale sul Progetto Eleonora.

Rinvio. Vista la complessità della materia sotto il profilo giuridico, i magistrati amministrativi hanno rinviato la discussione dell’istanza sospensiva ad un’udienza durante la quale verrà esaminato anche il merito del ricorso, come concordato con i legali del gruppo Antonella Capria, Teodora Marocco e Massimo Lai. Tale udienza verrà fissata a breve, presumibilmente entro 60 giorni, proprio per evitare un ulteriore possibile nocumento all’azienda. 

Valutazione delle spese. Per aiutare i magistrati a valutare compiutamente la rilevanza industriale del progetto e fornire, altresì, un’indicazione delle risorse economiche ad oggi impiegate, nei giorni scorsi i legali del gruppo Saras hanno depositato uno schema riassuntivo dei costi sostenuti in studi, sondaggi e analisi finalizzati a calcolare con esattezza l’impatto sul territorio di un pozzo esplorativo. Investimenti che – ad una prima, parziale, stima – ammontano a 7,2 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti i canoni annuali.

 

I motivi del ricorso. Il ricorso punta ad annullare il provvedimento emesso il 9 settembre 2014 dal Servizio ambiente e Valutazione impatti dell’assessorato all’Ambiente della Regione, che aveva dichiarato improcedibile la Valutazione d’impatto ambientale, prima ancora del completamento della stessa, del progetto per l’esplorazione di metano in Comune di Arborea (Oristano). La società proprietaria degli impianti di Sarroch sollecita i giudici al ristoro del diritto derivante dal permesso di ricerca rilasciato dalla Regione Sardegna nel 2009. Il Savi non ha completato l’iter a causa di una presunta incompatibilità paesaggistica rilevata dal Servizio Tutela del Paesaggio di Oristano e Medio Campidano che l’azienda ritiene non sussistente o, comunque, non ostativa di un’opera temporanea, qual è un pozzo finalizzato all’esplorazione del bacino, non all’estrazione di metano. C’è inoltre una contraddizione tra atti amministrativi: lo stesso Servizio Tutela Paesaggio che, nell’agosto 2014, ha definito il pozzo esplorativo non compatibile con il PPR, nel 2011 non aveva rilevato tale incompatibilità, dando di fatto via libera alla procedura. Peraltro, se tale presunta incompatibilità fosse stata dichiarata immediatamente, la società non avrebbe investito così tante risorse nel progetto.

Atto dovuto per tutelare azionisti e dipendenti. Il ricorso al Tar è un atto dovuto da parte del Gruppo, presente in Sardegna da oltre 50 anni, a tutela dei suoi azionisti, dei dipendenti e della continuità aziendale. Nel progetto di ricerca del gas metano – risorsa di cui i sardi non dispongono e sulla quale è in corso un acceso dibattito – la Saras ha impiegato fondi e competenze, anche al fine di assicurare la migliore compatibilità ambientale.

Nessun progetto alternativo. Il ricorso al Tar rientra nell’ambito della procedura di Via relativa esclusivamente alla fase di esplorazione. Qualsiasi altra valutazione su stadi successivi, come pure su presunti progetti “alternativi”, è impropria e foriera di ambiguità, anche perché non oggetto del procedimento autorizzativo in corso.  

La Via solo per esplorazione. A garanzia di maggior chiarezza, l’azienda ribadisce che se la richiesta di esplorazione devesse superare la dichiarazione di improcedibilità, e concludersi con una positiva valutazione, sarebbe avviato solo il cantiere per l’attività di ricerca, della durata prevista di sei mesi. In caso di conferma della presenza di gas metano, sarà la Regione Sardegna, quale unica proprietaria della risorsa, a decidere come procedere. A quel punto, il privato potrebbe chiedere una concessione e presentare una nuova richiesta di Valutazione d’impatto ambientale, allegando un secondo studio sui possibili scenari di coltivazione. Va da sé che, al termine di quella seconda procedura di controllo, l’eventuale sfruttamento avverrebbe solo con modalità che la Regione Sardegna avrà valutato come compatibili con l’ambiente. A fronte di tale coltivazione, alla Ras rientrerebbero royalties e tasse per un totale di 540 milioni di euro, in caso di sfruttamento totale del giacimento.


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