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Dentro o fuori dal campo non importa, ha trascorso “tutta la mattina in fila per donare il sangue a favore della nostra comunità, senza mai avere la pretesa di avere scorciatoie”. Giovane e con un cognome importante, di cui andare fieri perché racconta il successo di chi, attraverso il pallone da calcio, è diventato l’ottavo re di Roma. L’Olimpico ha esultato per lui e chissà se il Bruno Nespoli, della città costiera del nord-est Sardegna, sarà il “suo” stadio, come è stato quello della Capitale da oltre 70 mila posti per Francesco Totti. Quel che è certo è che ha già conquistato tutti, per il suo modo gentile ed educato di esporsi nonostante gli attacchi social ricevuti per il suo debutto in serie D. Umilianti e strafottenti, rivolti a un giovane ragazzo con la passione del pallone, preso di mira solo perché figlio “di”. L’invidia, si sa, è una brutta bestia e basta non dare risalto ai leoni da tastiera che graffiano virtualmente, mentre nella vita reale non hanno la capacità di sostenere un contraddittorio e, tanto meno, un pallone da calcio. Via, allora, i pettegolezzi da bar per lasciar spazio solo al lato bello, e tutto da godere, della gioia di giocare allo sport più amato dagli italiani nella città del mare. A sua difesa anche il Presidente Avis Gavino Felice Murrighile: pochi giorni fa i giocatori hanno donato il sangue, utile, prezioso e merce rara soprattutto in estate, soprattutto in Sardegna, a secco e in continua emergenza. Con un post facebook pubblico ha espresso: “Quattro cretini che insultano un diciottenne non rappresentano in alcun modo la nostra città e la nostra cultura dell’accoglienza.
Io non so se Cristian Totti emulerà le gesta del padre, ma so con certezza che e’ un ragazzo perbene, ottimamente educato e non merita la stupidità di quattro sfigati.
Avrebbe potuto continuare a fare comodamente il “figlio di papà”, alloggiato in qualche resorts a 12 stelle della Costa Smeralda, ed invece è ad Olbia, in una struttura normale come il Delta Center, in una stanza con 4 persone, a mangiare in una mensa in mezzo ai lavoratori e sempre con un atteggiamento positivo e mai supponente.
Ieri, benché in giornata si dovesse allenare, ha passato tutta la mattina in fila per donare il sangue a favore della nostra comunità, senza mai avere la pretesa di avere scorciatoie.
Questo per me vale, e vale anche per tutti gli Olbiesi che amano la maglia bianca, e che non siederanno mai alla “tavola” dell’inciviltà e della mancata cultura dell’ospitalità’.
Per me Cristian è un ragazzo di 18 anni, che potrebbe essere mio figlio, che è ad Olbia per lavorare onestamente, senza mai esibire un atteggiamento da “figlio di”, ed io sarò sempre dalla sua parte anche se avesse, e non è così, i piedi della madre”. Una giovane promessa del calcio, insomma, bello come papà Francesco e mamma Ilary che, giustamente orgogliosi, ora non possono che tifare per Cristian e l’Olbia.