Nessun liberi tutti, nessun colpo di spugna sulle restrizioni, nessun improvviso ritorno alla rimpianta normalità. Il ministro della Salute Speranza getta acqua sul fuoco delle illusioni alimentate da più parti in questi giorni da parte di chi invoca una strategia alla Johnson: se il 31 marzo, come altamente probabile che sia, finirà dopo due anni lo stato di emergenza in Italia, questo non significherà la cancellazione di tutte le restrizioni. Di sicuro resteranno il green pass e l’obbligo delle mascherine al chiuso, ma si fa strada anche l’ipotesi, finora esclusa in modo quasi categorico, di estendere la quarta dose di vaccino per tutti, non solo per i fragili.
“Con 60 mila casi al giorno, è un errore eliminare tutte le restrizioni”, dice Speranza, che invita tutti a “tenere i piedi per terra: il Covid non prende l’aereo e va via il 31 marzo” dice. In quanto al green pass “è stato ed è un pezzo fondamentale della nostra strategia” e “le mascherine al chiuso sono ancora importanti. Dovremo valutare il richiamo per tutti dopo l’estate”, dice il ministro a proposito del vaccino. “È da considerare probabile, perché il virus non stringe la mano e se ne va per sempre”.
Ieri, intanto, si è celebrato – con il ringraziamento ai medici del capo dello Stato e del Papa – il secondo anniversario della scoperta del paziente-1 di Codogno dedicato al fondatore di Emergency Gino Strada, scomparso la scorsa estate.
I primi passi verso una maggiore ‘normalità’ saranno il 1 marzo l’aumento della capienza negli stadi e nei palazzetti (75% e 60%); dal 10 del mese si potrà tornare a mangiare nei cinema e negli impianti sportivi e visitare i propri familiari ricoverati; il 15 giugno scade l’obbligo di vaccinazione per gli over-50. Infine, restano sospesi i medici non vaccinati anche se guariti dal Covid, quasi 22mila: due mesi fa erano circa 60mila.










